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Massimo Tommolillo - Words on line

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casa.»<br />

«Mi hanno comunicato la notizia stamattina, dalla casa protetta nella quale si trovava. Io lo aspettavo qui e<br />

lui n<strong>on</strong> si è fatto vedere. Per questo mi s<strong>on</strong>o preoccupato e ho chiamato. Mi spiace e mi spiace anche<br />

dirglielo in questo modo. Io ero c<strong>on</strong>vinto che si stesse disintossicando.» Bugia, ma perché l’ho detta? «E lui<br />

c<strong>on</strong>fermava sempre; s<strong>on</strong>o stato colto di sorpresa da questa…»<br />

«Ora… Ora come sta?»<br />

Lorenzo n<strong>on</strong> ci avrebbe proprio scommesso, ma gli era sembrato che la c<strong>on</strong>trollata purezza della voce<br />

della d<strong>on</strong>na, si fosse per un momento incrinata; ma era stato veramente un attimo.<br />

«S<strong>on</strong>o andato in ospedale e ho parlato c<strong>on</strong> i medici che lo stanno curando. Mi hanno detto che la<br />

situazi<strong>on</strong>e è molto grave. Il ragazzo è in coma. Vuole sapere dov’è per andare a trovarlo? Posso<br />

accompagnarla, se desidera.»<br />

Il silenzio fu così lungo e totale, che Lorenzo credette che la d<strong>on</strong>na avesse messo giù l’apparecchio.<br />

«No. No grazie.»<br />

Adesso si era completamente ricomposta.<br />

Più o meno come rifiuteresti un pasticcino: no grazie, ho mangiato a sufficienza.<br />

«Signora Morini, mi rendo c<strong>on</strong>to che le sembrerò inopportuno ma ho bisogno di parlare c<strong>on</strong> lei,<br />

anche se questo momento n<strong>on</strong> è…»<br />

«Senta dottore, n<strong>on</strong> perda tempo, le ho già detto che n<strong>on</strong> vedevo Stefano da oltre due anni; n<strong>on</strong> saprei<br />

proprio cosa dirle, capisce? Ora devo andare, sento mia madre che mi sta chiamando, la saluto.»<br />

«Aspetti ancora un attimo; suo figlio c<strong>on</strong>osceva il russo?»<br />

Altro lungo silenzio, poi la voce che questa volta aveva perso tutto la sua compostezza.<br />

«Perché me lo chiede?»<br />

«Perché Stefano c<strong>on</strong>osceva a memoria una filastrocca in russo, e lui sosteneva di n<strong>on</strong> c<strong>on</strong>oscere questa<br />

lingua, diceva anche che la sognava spesso ma n<strong>on</strong> può averla imparata in sogno. Lei ha idea di come l’abbia<br />

appresa?»<br />

A quella sua affermazi<strong>on</strong>e, la situazi<strong>on</strong>e si ribaltò.<br />

«Ha della carta sotto mano? Le do il mio indirizzo, forse ha ragi<strong>on</strong>e lei dottore, è opportuno davvero che<br />

le parli.»<br />

La d<strong>on</strong>na dettò lentamente un indirizzo di una z<strong>on</strong>a residenziale e piuttosto modesta della prima periferia;<br />

ma la rapida resa di Linda sembrò a Lorenzo troppo improvvisa.<br />

«Vuole che ci vediamo? Subito…?»<br />

«Vede dottore, ha mai pensato che i problemi si comportano come piccoli bulli di quartiere? L’ultimo che<br />

arriva prende il posto dei precedenti a forza di sgomitate, ma quelli che c’erano prima presto si rifanno vivi<br />

per reclamare il loro territorio. E lei caro dottor Crotti, chiunque sia, è il loro portavoce. Venga subito,<br />

l’aspetto.»<br />

Ciò detto riattaccò, senza attendere risposta.<br />

La casa era del tutto simile alle altre che si trovavano nella stessa strada; doveva essere stata costruita<br />

all’inizio del secolo e forse all’epoca era una specie di antenata delle villette a schiera. Adesso, tutte in fila,<br />

ricordavano un gruppo di vecchie signore, sedute ben composte su una panca, durante la messa domenicale.<br />

Due piani di matt<strong>on</strong>i ormai scuriti dal tempo e dall’inquinamento, imposte dipinte di un verde scrostato e<br />

un cortiletto striminzito che girava intorno, delle dimensi<strong>on</strong>i di un corridoio o poco più, c<strong>on</strong> l’eterna siepe di<br />

lauro mangiucchiata dal mal bianco. Modesta ma dignitosa, avrebbe detto un sussiegoso agente immobiliare<br />

a un ipotetico cliente.<br />

Anche la porta di ingresso era dipinta di un verde cupo, abbellita però da vetri multicolori; Lorenzo provò<br />

a gettare uno sguardo all’interno, ma dagli spessi cristalli molati gli fu restituita solo un’immagine c<strong>on</strong>torta e<br />

colore ocra, di quello che sembrava un piccolo ingresso.<br />

Il campanello accanto alla porta era uno solo e la targhetta portava un nome: C<strong>on</strong>forti. Sopra il nome, una<br />

sottile cor<strong>on</strong>a. Del cognome Morini, n<strong>on</strong> c’era traccia.<br />

Lorenzo guardò lungo la strada alla ricerca vana di qualcuno che potesse dargli un’informazi<strong>on</strong>e,<br />

ric<strong>on</strong>trollò il foglietto c<strong>on</strong> l’indirizzo che Linda gli aveva dato al telef<strong>on</strong>o poi, trattandosi dell’unico<br />

campanello, decise comunque di su<strong>on</strong>are.<br />

N<strong>on</strong> attese a lungo, dopo pochi sec<strong>on</strong>di dalla porta a vetri, vide avvicinarsi un fantasma colorato e quando<br />

la porta si aprì, si trovò di fr<strong>on</strong>te alla più riuscita imitazi<strong>on</strong>e di un trampoliere che mai essere umano potesse<br />

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