il libro - Silvio Riondato
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202 R. Alagna<br />
F<strong>il</strong>e riservato ad esclusivo ne di studio<br />
4.2.3. L’applicab<strong>il</strong>ità della circostanza attenuante comune della provocazione ex art. 51<br />
L’indeterminatezza delle caratteristiche dell’attenuante della provocazione e l’induzione<br />
dell’idea che la vittima fosse corresponsab<strong>il</strong>e dell’accaduto 94 , fece considerare<br />
quest’ipotesi come la vera norma di riferimento per la tolleranza verso gli omicidi<br />
per causa d’onore, oltre che naturale porta di ingresso per la valorizzazione di morali<br />
particolari e usi locali 95 .<br />
L’applicab<strong>il</strong>ità dell’attenuante gravitava attorno al concetto di provocazione <strong>il</strong>lecita.<br />
L’eetto di questa provocazione era individuato nello stato d’ira o di malessere<br />
psichico 96 , che costituiva l’unica delimitazione ulteriore della sua applicazione: nessuna<br />
limitazione personale 97 , né temporale 98 .<br />
Si ponevano essenzialmente due ordini di questioni interpretative: in primo luogo,<br />
la ssazione del perimetro del concetto di provocazione <strong>il</strong>lecita 99 ; in secondo luogo,<br />
l’individuazione dei parametri per la distinzione tra l’ipotesi base e la provocazione<br />
aggravata, la quale abbatteva ulteriormente le pene già ridotte per la provocazione 100 .<br />
In ordine alla provocazione <strong>il</strong>lecita, la questione era quella di stab<strong>il</strong>ire quale fosse<br />
<strong>il</strong> parametro di identicazione di tale <strong>il</strong>liceità: <strong>il</strong> diritto penale, <strong>il</strong> diritto civ<strong>il</strong>e, o anche<br />
usi e costumi morali? Qui si toccano spesso le ipotesi limite, come <strong>il</strong> trattamento<br />
da riservare alla donna stuprata e quello previsto nel caso di mera volontà di divorzio.<br />
La giurisprudenza di merito ha sempre concesso alla norma sulla provocazione <strong>il</strong><br />
massimo grado possib<strong>il</strong>e di estensione 101 , ritenendo legittimo fondare la valutazione<br />
dell’atto provocatorio su usi e costumi locali che fossero espressione della cultura del<br />
reo 102 . E anche quando ciò avrebbe signicato attenuare grandemente la pena per chi<br />
aveva ucciso una donna rea di voler divorziare, oppure una donna stuprata. Solo le<br />
corti superiori, in queste due speciche ipotesi, posero un freno all’interpretazione<br />
largamente in favor rei delle corti territoriali delle zone più tradizionaliste 103 .<br />
Decisiva, inoltre, fu la questione dei criteri di identicazione di una provocazione<br />
94 Cfr., B. Erb<strong>il</strong>., Toleranz für Ehrenmörder?, cit., p. 140.<br />
95 Si veda, B. Erb<strong>il</strong>, Toleranz für Ehrenmörder?, cit., p. 140.<br />
96 Cfr., E. Cakir-Ceylan., Gewalt im Namen der Ehre, cit., p. 120.<br />
97 Parenti lontani, amici, sorella che uccide <strong>il</strong> fratello: erano tutte possib<strong>il</strong>ità coperte dalla provocazione.<br />
98 Sul punto E.R. Pohlreich, Ehrenmorde, cit., p. 170; Erb<strong>il</strong> B., Toleranz für Ehrenmörder?, cit., p.<br />
143.<br />
99 Ancora, E. Cakir-Ceylan, Gewalt im Namen der Ehre, cit., pp. 120-121.<br />
100 Per l’ipotesi normale la pena di morte diventava un ergastolo, la detenzione a vita si riduceva alla<br />
pena di 24 anni e le altre pene erano ridotte di un quarto. Se la provocazione era grave, invece, alla pena<br />
di morte si sostituivano 24 anni di detenzione, all’ergastolo soltanto 15 anni e le restanti pene venivano<br />
ridotte da un terzo a due terzi; cfr., E.R. Pohlreich, Ehrenmorde, cit., p. 171.<br />
101 Estensione che si giovava anche della possib<strong>il</strong>ità del reo di sentirsi provocato da un fatto che<br />
interessasse dei terzi, come sottolinea B. Erb<strong>il</strong>, Toleranz für Ehrenmörder?, cit., p. 141.<br />
102 Ancora, B. Erb<strong>il</strong>, Toleranz für Ehrenmörder?, cit., p. 141; E.R. Pohlreich, Ehrenmorde, cit., p. 172.<br />
103 Si veda anche E. Cakir-Ceylan, Gewalt im Namen der Ehre, cit., p. 120-121; E.R. Pohlreich,