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il libro - Silvio Riondato

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220 R. Alagna<br />

F<strong>il</strong>e riservato ad esclusivo ne di studio<br />

Nell’ordinamento turco, non si può negare che ci siano delle contraddizioni in<br />

punto di diritto positivo che andrebbero risolte 211 . È, tuttavia, dubbio dover render<br />

conto del diritto vivente che giudica casi concreti 212 .<br />

Una nuova sensib<strong>il</strong>ità giuridica dell’ordinamento, che abbia condotto a una riforma<br />

della legge positiva può non riuscire subito a trascinare con sé la società civ<strong>il</strong>e. Non<br />

almeno con la stessa solerte ecacia di un voto parlamentare di approvazione di una<br />

legge dello Stato. I processi di introiettazione dei valori riposizionati dal diritto penale<br />

sono necessariamente umani, dunque non istantanei.<br />

È vero che la criminalità non si combatte soltanto con le norme ma con <strong>il</strong><br />

sistema giuridico-punitivo. Ma è altrettanto vero che chiedere a un Paese con una<br />

particolare storia e situazione criminologica di dimostrare l’ecacia della lotta<br />

al crimine metterebbe in dicoltà la maggior parte dei Paesi europei. E sarebbe<br />

dic<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> governo di qualsiasi Stato doversi confrontare con ogni interpretazione<br />

giurisprudenziale che declini una norma giuridica in modo tale da determinare un<br />

eetto favorevole per un imputato di criminalità maosa, di terrorismo, di corruzione,<br />

di delitti ambientali, di abusi di mercato e così via.<br />

I governi possono garantire la predisposizione di norme giuridiche idonee, ma<br />

non possono assicurare <strong>il</strong> risultato di aver plasmato un diritto vivente conforme alle<br />

intenzioni riformiste, né tanto meno quello di vincere la lotta alla criminalità, o a una<br />

determinata criminalità.<br />

Ut<strong>il</strong>izzare in tal modo <strong>il</strong> diritto penale per la gestione di fatti quasi esclusivamente<br />

di opportunità, rivela <strong>il</strong> rischio di ridurre la lotta agli omicidi per causa d’onore a un<br />

mero appiglio per giusticare scelte geo-politiche che hanno altrove la loro ragion<br />

d’essere, con <strong>il</strong> temib<strong>il</strong>e eetto di brandire una presunta superiorità giuridico-morale<br />

contro una società che nell’adare le sue norme agli operatori del diritto non fa altro<br />

che adarsi a quel sistema democratico e da Stato di diritto di cui la tutela dei diritti<br />

fondamentali è parte sostantiva.<br />

211 Il riferimento va non solo alla possib<strong>il</strong>ità di scrivere con maggiore chiarezza alcune delle novità<br />

legislative, ma soprattutto alla clausola di esclusione dell’aggravamento per l’omicidio tradizionale nel<br />

caso in cui <strong>il</strong> fatto sia stato determinato da una provocazione antigiuridica altrui. Questa architettura è<br />

eettivamente contraddittoria e criticab<strong>il</strong>e.<br />

212 Gli elementi di una tutela decitaria delle vittime di questi delitti sono individuab<strong>il</strong>i<br />

nell’interpretazione giurisprudenziale e di parte della dottrina che limita l’aggravante dell’omicidio per<br />

tradizione al solo caso di omicidio d’onore deciso in maniera collettiva dal consiglio di famiglia. Inoltre,<br />

a compromettere l’assetto della riforma ci sarebbe un’interpretazione dottrinale diusa che legge <strong>il</strong><br />

nuovo termine legislativo ut<strong>il</strong>izzato per indicare <strong>il</strong> carattere della condotta provocatoria come generico<br />

e quindi comprendente anche le mere norme sociali e non solo quelle giuridiche. Azzerandone di fatto<br />

la portata riformatrice.

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