SANDOKAN ALLA RISCOSSA - Testi Elettronici
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«Attenti!» disse ai suoi malesi, i quali lo seguivano da vicino, impazienti di menare le mani. «Non sono che<br />
sette od otto e non dovete lasciarne fuggire nemmeno uno».<br />
Si gettarono fra le altissime erbe, strisciando come serpenti, e giunsero inosservati a pochi passi dalla guardia.<br />
I dayaki stavano rannicchiati gli uni sugli altri, intenti solo a ripararsi alla meglio dalla pioggia che infuriava<br />
sempre.<br />
Sandokan attese qualche minuto, per lasciar tempo ai suoi uomini di radunarsi, poi si scagliò innanzi colla<br />
scimitarra alzata, gridando: «Addosso, Tigri di Mòmpracem!...» I dayaki, udendo quel comando, si erano<br />
alzati prontamente per respingere quel fulmineo attacco, ma era troppo tardi ormai.<br />
Un furioso combattimento s'impegnò d'ambo le parti, essendo anche quei terribili cacciatori di teste valentissimi<br />
guerrieri.<br />
I trenta malesi ebbero però facilmente ragione di quel piccolo drappello. Due minuti dopo la piccola guardia<br />
giaceva intera, senza moto, fra le alte erbe, mescolando il suo sangue alla pioggia torrenziale.<br />
Sandokan si tolse il fischietto d'oro e mandò una nota acuta.<br />
Subito negritos ed assamesi scesero di corsa l'ultimo tratto del Kaidangan, radunandosi sul margine<br />
dell'immensa pianura.<br />
«É finito?» chiese Yanez.<br />
«Sono caduti tutti» rispose Sandokan.<br />
«Dispiace però uccidere così».<br />
«Era necessario, Yanez. D'altronde se essi avessero potuto sorprendere noi, fra quindici giorni le nostre teste<br />
farebbero una poco attraente figura nella capanna di qualche capo».<br />
«Questo è vero, e io non desidero affatto lasciare qui il mio cranio. La rhani dell'Assam piangerebbe troppo, se<br />
perdesse il suo principe consorte».<br />
«Pensi molto a Surama?» «Per Giove! É mia moglie! Si va innanzi, fratellino?» «A tutte gambe. Dove sono le<br />
spingarde?» «Le portano i miei assamesi».<br />
«Corriamo, Yanez, e corriamo molto. Domani il greco darà un nuovo assalto alla cima del Kaidangan e,<br />
quando si accorgerà della nostra fuga, ci darà una caccia spietata attraverso queste immense pianure. Noi non<br />
potremo ritenerci sicuri se non quando avremo data la scalata del Kinibalu».<br />
«Una marcia lunga?» «Un centinaio di chilometri».<br />
«Aho!... Tre giorni di marcia per lo meno, con queste dannate erbe».<br />
«Cercheremo di ridurla a due. É formata la colonna?» «Sono tutti pronti».<br />
«Avanti sempre i negritos!» «Sono già alla testa».<br />
«Gambe allora!... Marcia forzata!...» Si misero in cammino attraverso quelle altissime erbe, le quali davano<br />
non poco impaccio, tanto da costringere Sandokan a mandare una decina di assamesi alla testa della colonna<br />
perché aprissero una specie di solco coi loro affilatissimi tarwar, i quali si prestavano molto meglio dei pesanti<br />
parang.<br />
Le donne negrite si erano presi sulle spalle i ragazzi perché non si smarrissero, cosa facilissima con<br />
quell'oscurità e con quel caos di vegetali.<br />
La pioggia era cessata, ma l'uragano non si era ancora calmato. I tuoni rombavano sempre con un fracasso<br />
spaventevole e delle raffiche impetuosissime s'abbattevano di quando in quando sulla pianura, curvando le erbe<br />
gigantesche.<br />
Tutti affrettavano il passo più che potevano, perfino i malesi che portavano le lunghe e pesanti spingarde e le<br />
casse delle munizioni.<br />
Era assolutamente necessario guadagnare molta via, prima che i dayaki si accorgessero della fuga miracolosa<br />
dei loro nemici ed organizzassero l'inseguimento.<br />
Una battaglia in aperta campagna non era affatto desiderata da Sandokan, il quale conosceva benissimo il<br />
valore e l'impeto selvaggio dei suoi avversari.<br />
L'alba li sorprese a una dozzina di miglia dal Kaidangan, poiché le ultime le avevano percorse quasi correndo,<br />
mettendo a dura prova le gambe delle donne, quantunque quelle piccole selvagge siano abituate alle<br />
lunghissime marce per sfuggire agli agguati dei cacciatori di teste.<br />
Sandokan comandò una breve fermata non volendo stremare completamente la colonna.<br />
Mentre i suoi uomini si accampavano alla meglio insieme ai malesi e i negritos e squartavano un babirussa per<br />
divorarselo crudo, essendo stato assolutamente proibito di accendere il fuoco, per non segnalare al nemico la<br />
loro direzione e per evitare anche il pericolo d'incendiare le alte erbe che erano in parte già secche, Yanez,