SANDOKAN ALLA RISCOSSA - Testi Elettronici
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I colpi di spingarda rombavano verso il basso corso; quindi il selvaggio figlio dei boschi, valentissimo<br />
nuotatore come tutti i suoi compatrioti, non aveva da far altro che affidarsi alla corrente e badare di tenersi ben<br />
lontano dalle rive.<br />
Fortunatamente il Maludu in quel luogo era largo più di trecento metri e le frecce dei dayaki non potevano<br />
giungere fino a lui, non essendo la portata delle sumpitam maggiore di quaranta o cinquanta metri.<br />
Abbandonato il fondo, si era messo a nuotare vigorosamente, senza troppo preoccuparsi se nei dintorni vi fosse<br />
qualche gaviale. L'isolotto stava dinanzi a lui.<br />
Gruppi d'uomini, vestiti come Yanez e come Kammamuri, andavano e venivano fra i canneti e i cespugli che<br />
lo coprivano, senza troppo affrettarsi.<br />
Di quando in quando una fiamma balenava e una nube di fumo si alzava.<br />
Era una spingarda che continuava, a intervalli quasi regolari, i suoi spari contro la riva sinistra.<br />
Nuotando quasi interamente sommerso, il negrito era già giunto a un centinaio di passi dall'isolotto, quando un<br />
malese si mise ad urlare: «All'armi!...» La risposta fu pronta.<br />
«Tigre della Malesia!... Yanez!...» Udendo quei due nomi, malesi e assamesi si erano precipitati verso la riva<br />
stringendo le carabine.<br />
«Chi sei tu?» gridò Sapagar, il quale era stato il primo ad accorrere.<br />
«Tigre della Malesia e Yanez, orang!...» ripeté il negrito, il quale nuotava vigorosamente.<br />
Quell'orang fu una rivelazione per Sapagar. Aveva compreso subito che il nuotatore parlava la lingua dayaka e<br />
che forse non comprendeva la malese, nota solamente agli abitanti delle coste e soprattutto ai dayaki lant, ossia<br />
dayaki di mare.<br />
«Accosta» gli disse, non più in lingua malese.<br />
Il negrito, il quale lo aveva ormai perfettamente compreso, con quattro bracciate raggiunse la riva, mentre una<br />
delle quattro spingarde disposte sulla fronte dell'accampamento scagliava un uragano di chiodi e di pallettoni<br />
contro i dayaki imboscati fra i canneti, per stornare la loro attenzione e tenerli un po' tranquilli.<br />
«Di dove vieni?» chiese Sapagar, mentre tutti gli altri si stringevano addosso al nuotatore.<br />
Il negrito invece di rispondere, si tolse dalle labbra il foglietto datogli da Yanez e glielo porse. Sapagar lo lesse<br />
rapidamente, essendo scritto in lingua malese, poi mandò un urlo come di belva ferita.<br />
«Amici!...» gridò poi. «I nostri capi sono chiusi dentro una caverna e corrono il pericolo di morire arsi vivi.<br />
Bisogna passare il fiume e sfondare le linee dei dayaki. Tigrotti di Mòmpracem, salviamo la Tigre della Malesia<br />
e la Tigre bianca!» Un vecchio malese si fece innanzi. Era un superstite di quei terribili pirati di Mòmpracem<br />
che avevano fatto tremare il Sultano di Varauni e gli inglesi di Labuan.<br />
«Si abbattano tutti gli alberi che si trovano su questo isolotto e si costruiscano innanzi tutto delle zattere per<br />
trasportare le spingarde e le munizioni» disse. «Che venti uomini spàzzino la riva, mentre i nuotatori<br />
attraverseranno il fiume».<br />
«Ben detto, Karol!» esclamò Sapagar. «Tu comandi come se tu fossi la Tigre della Malesia. Lesti, amici!...<br />
Faremo un macello di questi dayaki!...» Venti malesi si erano slanciati attraverso l'isolotto coi parang in<br />
pugno, abbattendo furiosamente quanti alberi si trovavano dinanzi a loro, mentre altri troncavano una enorme<br />
quantità di rotang, i quali potevano servire benissimo come funi.<br />
Gli assamesi invece si erano collocati di fronte al canneto occupato dai dayaki e sparavano a salve per snidarli,<br />
con non poco spavento del negrito, il quale mai aveva udito tanto baccano.<br />
In meno d'un quarto d'ora una quarantina di tronchi si trovarono accumulati sulla riva.<br />
I malesi, abilissimi marinai li gettavano in acqua a quattro o cinque alla volta e li annodavano rapidamente,<br />
formando delle zattere solidissime sulle quali portavano spingarde e casse di munizioni.<br />
Se i prahos erano andati perduti, tutto ciò che contenevano era stato salvato, e gli assediati possedevano, oltre<br />
gran copia di alimentari, anche una grossa partita di munizioni da fuoco che il rajah bianco del lago avrebbe<br />
potuto loro invidiare.<br />
Sapagar sorvegliava l'imbarco, incitando con urli e bestemmie i malesi e assamesi, quantunque i primi come i<br />
secondi lavorassero con suprema energia, sapendo ormai che la vita dei loro capi dipendeva dalla loro rapidità.<br />
Due zattere finalmente furono lanciate nel fiume. Portavano le quattro spingarde che i malesi non volevano<br />
assolutamente lasciare, una diecina di casse di munizioni e dei viveri per qualche settimana.<br />
«Mantenete il fuoco!...» gridò Sapagar agli assamesi. «Attraverserete il fiume dopo di noi. A me, vecchie Tigri<br />
di Mòmpracem!... Il gran capo ci aspetta!...» A quel comando, trenta uomini entrarono nel fiume, tenendo in<br />
alto le carabine e le munizioni affinché non si bagnassero, e si misero a nuotare velocemente verso la riva del<br />
Maludu, mentre gli assamesi, divisi in due gruppi, mantenevano un fuoco intensissimo.