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quando e perché il film-tv crea dipendenza. Nel ... - Cinematografo

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PRIMO PIANO<br />

la guerra alla Siria è a un passo, l’uomo<br />

diventa l’incarnazione del male. Per lui viene<br />

decretata la condanna a morte. Poco importa<br />

che di lì a pochi mesi spunti fuori <strong>il</strong> vero<br />

colpevole. Che non è arabo, non è<br />

musulmano e rovescia completamente senso e<br />

prospettiva del f<strong>il</strong>m.<br />

DOC: VIVO, MORTO O X?<br />

Il documentario non è morto. A decretarne <strong>il</strong><br />

parziale superamento è però stato proprio <strong>il</strong><br />

suo ultimo alfiere: Michael Moore. Fahrenheit<br />

9/11 ha incarnato l’esasperazione dell’attacco<br />

alla realtà e prodotto l’effetto boomerang che<br />

tanti auspicavano. Fallimento della crociata<br />

anti-Bush e rappresentazione della scomoda<br />

Boicottaggio, querele e accuse: i due mockumentary hanno centrato <strong>il</strong><br />

bersaglio. Ora <strong>il</strong> pericolo sta proprio nel successo: la normalizzazione<br />

Sacha Baron Cohen on the road per Borat. In alto e a destra, Death of a President<br />

28 RdC Marzo 2007<br />

verità hanno ucciso le speranze dei sostenitori<br />

e fatto gridare gli altri alla saturazione.<br />

Copertura mediatica 24 ore su 24,<br />

bombardamento di news, reportage dal fronte<br />

della disperazione globale: l’unica via rimasta<br />

per non abbandonare la denuncia è<br />

camuffarla da fiction. Il risultato è garantito.<br />

Parola di Orson Welles, a cui nel 1938 era<br />

bastato leggere alla radio un brano della<br />

Guerra dei mondi per scatenare <strong>il</strong> panico dello<br />

sbarco alieno in tutto <strong>il</strong> paese.<br />

A QUALCUNO PIACE MOCK<br />

“Shocking and disgusting” tuona <strong>il</strong> Partito<br />

Repubblicano del Texas, “che si tragga profitto<br />

da questo scenario mi fa orrore” echeggia la<br />

senatrice democratica H<strong>il</strong>lary Clinton, mentre<br />

i circuiti cinematografici Regal e Cinemark<br />

rifiutano Death of a President e CNN e NPR<br />

bloccano la messa in onda del tra<strong>il</strong>er: <strong>il</strong><br />

presidente degli Usa vende cara la pelle. E<br />

sorte avversa attende anche Borat, ebreo<br />

praticante nel mirino dell’Anti Defamation<br />

League, querelato dall’amata Pamela<br />

Anderson e colpito dagli strali del natale<br />

Kazakistan. Povero Borat, manco fosse uno<br />

zingaro da mettere sotto con l’hummer o un<br />

ebreo da cui farsi inseguire st<strong>il</strong>e San Firmin.<br />

Ma la critica ha avuto parole di pregio: “La<br />

stupidità non è mai parsa intelligente,<br />

elegante e ut<strong>il</strong>e come in Borat”.<br />

LASCIA (IL SEGNO) O RADDOPPIA?<br />

Che sia una liberatoria sbattuta in faccia al<br />

malcapitato un secondo prima di accendere la<br />

camera oppure una miscela impazzita ad arte<br />

di materiale di repertorio e simulacro digitale,<br />

<strong>il</strong> risultato non cambia: squassare la finzione,<br />

infettarla di realtà e occultare l’antidoto. Le<br />

querele si mettono in coda (Borat), nelle<br />

recensioni l’imperativo morale diviene<br />

categorico (Death of a President), ma l’azzardo<br />

è compiuto. Rimane un unico pericolo: <strong>il</strong><br />

successo. E la conseguente normalizzazione.<br />

Rupert Murdoch incassa <strong>il</strong> raddoppio di<br />

Sacha Baron Cohen. Sarà sequel o de<br />

profundis? ✪

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