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quando e perché il film-tv crea dipendenza. Nel ... - Cinematografo

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iF<strong>il</strong>mDelMese<br />

IN MEMORIA DI ME<br />

Saverio Costanzo sul terreno delle scelte etico-politiche. Con ansia tragica<br />

IN USCITA<br />

Dopo Private, esordio vincitore<br />

del Pardo d’oro a Locarno nel<br />

2004, sul diritto di libertà e<br />

determinazione del territorio come<br />

“vita” inalienab<strong>il</strong>e, in Palestina, Saverio<br />

Costanzo procede nell’indagine etica e,<br />

in senso pieno, politica dei<br />

condizionamenti e della scelte: esiste<br />

davvero un territorio priv<strong>il</strong>egiato dove<br />

la parola di Cristo può liberare la<br />

massima concentrazione e dedizione?<br />

Al posto della casa, c’è <strong>il</strong> convento. Le<br />

regole monacali sostituiscono le regole<br />

m<strong>il</strong>itari. Non è una denuncia, ma la<br />

consapevolezza di un un contesto in cui<br />

si riflette <strong>il</strong> mondo con le sue regole.<br />

Ispirato al libro Il gesuita perfetto -<br />

edito nel 1960 e basato sul noviziato<br />

dello stesso autore - di Furio Monicelli,<br />

anche collaboratore alla sceneggiatura,<br />

In memoria di me tocca nel titolo <strong>il</strong><br />

cuore del tema: sono qui per diventare<br />

un altro, ma è un viaggio che posso fare<br />

soltanto attraverso <strong>il</strong> sacerdozio e nella<br />

Chiesa? Nei corridoi lugubri di un<br />

monastero sulla laguna di Venezia (a<br />

San Giorgio), dove ciascuna stanza<br />

nasconde un tormento sul destino della<br />

vocazione, Andrea (l’ottimo Christo<br />

Jivkov, attore bulgaro, in un cast<br />

centrato, con <strong>il</strong> tedesco Andre Hennicke<br />

e gli italiani F<strong>il</strong>ippo Timi e Marco Baliani)<br />

tenta di concentrarsi sugli esercizi<br />

spirituali, ma è distratto<br />

dall’incombenza della vita che credeva<br />

di aver lasciato fuori: un novizio che,<br />

60 RdC Marzo 2007<br />

abbandonando la comunità, accusa la<br />

chiesa di tenere l’eccezione della parola<br />

di Dio in nome del potere; la morte di un<br />

misterioso ricoverato in infermieria; la<br />

delazione di un allievo sulle incertezze<br />

esistenziali di Andrea. L’ambiguità della<br />

comunità chiusa richiama l’ambiguità<br />

della società aperta. Mentre Andrea<br />

cerca una rigenerazione, scoprendo<br />

che le sue ottime intuizioni sul<br />

rapporto tra amore, fede e ordine<br />

sacro sono “letterarie” e inautentiche,<br />

dalle finestre passa l’ombra rut<strong>il</strong>ante<br />

del mondo nella s<strong>il</strong>houette dei traghetti<br />

del Canal Grande. La regia ieratica e<br />

tesa di Saverio Costanzo (con qualche<br />

problema di controllo delle musiche)<br />

fin qui lascia <strong>il</strong> piacere di un f<strong>il</strong>m<br />

italiano - in concorso alla 57esima<br />

Berlinale e distribuito da Medusa -<br />

coraggioso, diverso e importante. Ma<br />

l’ultima parte, con un finale confuso e<br />

un simbolismo inessenziale (<strong>il</strong> bacio di<br />

sfida al priore non è preparato<br />

adeguatamente) esibisce le qualità di<br />

un giovane autore che ha fretta di<br />

dimostrare <strong>il</strong> suo senso tragico a<br />

scapito della misura del suo f<strong>il</strong>m.<br />

SILVIO DANESE<br />

REGIA SAVERIO COSTANZO<br />

Con Christo Jivkov, F<strong>il</strong>ippo Timi<br />

Genere Drammatico, colore<br />

Distr. Medusa<br />

Durata 115’<br />

Ispirato<br />

al Gesuita<br />

perfetto di<br />

Furio<br />

Monicelli,<br />

un f<strong>il</strong>m<br />

coraggioso e<br />

diverso<br />

IN SALA<br />

CORRENDO CON LE<br />

FORBICI IN MANO<br />

Da Augusten Burroughs, un<br />

cineromanzo di deformazione<br />

Cineromanzo di deformazione.<br />

Alzando <strong>il</strong> tiro potremmo<br />

chiosare così Correndo con le forbici<br />

in mano, adattamento<br />

cinematografico dell’instant cult (Alet<br />

Edizioni) di Augusten Burroughs,<br />

ritratto in interni (psichici e<br />

psicologici) dell’infanzia dell’autore.<br />

<strong>Nel</strong> passaggio dalla pagina allo<br />

schermo molto è andato perduto: non<br />

vi è traccia nella regia di Ryan Murphy<br />

(<strong>crea</strong>tore del serial <strong>tv</strong> Nip & Tuck, e<br />

qui anche sceneggiatore e produttore)<br />

dello st<strong>il</strong>e idiosincratico di Burroughs,<br />

borderline e debordante, apatico e<br />

rut<strong>il</strong>ante, come pochi sono i residui<br />

della struttura narrativa originale, che<br />

accostava frammenti ed eventi in un<br />

puzzle rapsodico. Che rimane dunque<br />

dei dolori del giovane Augusten, ben<br />

interpretato da Joseph Cross? In<br />

primis, a reggere sono gli attori: Alec<br />

Baldwin è <strong>il</strong> padre alcolizzato, la<br />

straordinaria Annette Bening – che<br />

bel ritorno! – è la madre bipolare,<br />

poetessa inedita afflitta da deliri di<br />

onnipotenza, e ancora Gwyneth<br />

Paltrow, Joseph Fiennes, Evan Rachel<br />

Wood e Brian Cox, lo psichiatra che<br />

dopo <strong>il</strong> divorzio dei genitori accoglie<br />

Augusten nella propria casa porto di<br />

mare (tutta rosa…). Una casa da m<strong>il</strong>le<br />

meraviglie e un orrore, dove la<br />

carcassa del tacchino del<br />

Ringraziamento rimane sul televisore<br />

per sei mesi, e l’albero di Natale non si<br />

muove dal salotto tutto l’anno:<br />

l’esistenza di Augusten diviene<br />

sopravvivenza, ma quanta speranza e<br />

joie de vivre, nonostante tutto… Per<br />

bipolari e amanti della (baby) comédie<br />

humaine.<br />

ANNA MUSAMPA<br />

REGIA RYAN MURPHY<br />

Con Joseph Cross, Annette Bening<br />

Genere Commedia, colore<br />

Distr. Sony Pictures<br />

Durata 122’

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