kant_il pensiero_della_bellezza.pdf - Lettere e Filosofia
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32<br />
Dunque è nel disinteresse che emerge e si dà <strong>il</strong> vero rapporto con l’oggetto: “per<br />
trovare bello qualcosa, dobbiamo lasciare che si produca da sé puramente [rein] come<br />
se stesso davanti a noi l’incontrato [das Begegnende] nel suo rango e nella sua dignità<br />
propri. [...] Il comportamento verso <strong>il</strong> Bello in quanto tale, dice Kant, è <strong>il</strong> libero favore<br />
[die freie Gunst]; dobbiamo restituire l’incontrato come tale in ciò che esso è,<br />
lasciarli e accordargli ciò che gli appartiene e ciò che lo porta a noi [...] <strong>il</strong> rapporto reale<br />
con l’oggetto stesso entra in gioco in virtù del disinteresse [...] ora per la prima<br />
volta fa la sua apparizione [zum Vorschein kommt] l’oggetto in quanto puro oggetto.<br />
[...] La parola ‘bello’ intende [meint] l’apparire nella luce di una tale apparizione [das<br />
Erscheinen im Schein solchen Vorscheins]”. 129<br />
Dal lato soggettivo, ciò che è in questione (in quanto correlato <strong>della</strong> <strong>bellezza</strong>) è<br />
l’esser-piacere del piacere, non la sua patologia, non la sua privatezza o interiorità<br />
psicologica, non la sua subordinazione a uno scopo o a una ut<strong>il</strong>ità; ma nemmeno però<br />
la sua cancellazione nel noumenico di una Legge morale.<br />
Il piacere estetico trova se stesso solo bruciando alla fiamma <strong>della</strong> conoscenza “in<br />
generale” qualsiasi ingombro, empirico. Il piacere è se stesso quando esso non è psicologicamente<br />
di nessuno: solo così può pretendere di essere di ognuno (universalità<br />
del secondo momento, “secondo la quantità”). 130 Nel piacere estetico ognuno è “libero<br />
rispetto al piacere che dedica all’oggetto”. 131 L’impersonalità psicologica del piacere<br />
non lo cancella, né lo affievolisce. Al contrario lo vivifica, lo intensifica e lo approfondisce<br />
appropriandolo alla soggettività. Quale è dunque <strong>il</strong> soggetto di questo piacere<br />
di nessuno e di ognuno? È <strong>il</strong> soggetto come luogo dell’accadere del piacere<br />
all’occasione dell’incontro con la <strong>bellezza</strong>. Di fronte alla <strong>bellezza</strong> <strong>il</strong> soggetto accede<br />
alla propria soggettività non psicologica. Il soggetto è se stesso in una dialettica tra<br />
singolarità e universalità qualunque, e lo è nella forma di coscienza del piacere. 132<br />
Il disinteresse dunque è una modalità profondamente attiva dello sguardo. 133 Il piacere<br />
estetico non si annulla in una ricettività. Nel disinteresse estetico <strong>il</strong> soggetto prosegue<br />
quel movimento in cui (nella Critica <strong>della</strong> Ragion Pratica) la legge abolisce<br />
ogni antropologismo e <strong>il</strong> rispetto ogni sentimentalità psicologica. L’uomo è una de-<br />
129 Heidegger 1961, p. 129, 130. Cfr. su questo Kockelmans 1986.<br />
130 CdG, §§ 6 - 9.<br />
131 CdG, p. 43; KU, p. 17.<br />
132 Solo un radicale antipsicologismo apre l’accesso alla singolarità e, come vedremo, alla esemplarità.<br />
La “singolarità qualunque” è <strong>il</strong> centro delle importanti riflessioni di Giorgio Agamben in<br />
Agamben 1990 (sul tema dell’esempio v. p. 7 sgg.). Sulla singolarità cfr. anche Cacciari 1990, p. 58<br />
sgg.<br />
133 Cfr. anche Chédin 1982, pp. 7 - 25 (“Kant non ha mai fatto la teoria di uno spettatore morto<br />
alla vita”).<br />
In Husserl (cfr. Fink 1988, Te<strong>il</strong> I, passim) l’io meditante è “uninteressierter Zuschauer”. Scrive<br />
Merleau-Ponty che “l’Ego meditante, lo ‘spettatore disinteressato’ non raggiungono una razionalità<br />
già data, ma ‘si stab<strong>il</strong>iscono’ e la stab<strong>il</strong>iscono con una iniziativa che non ha garanzia nell’essere [...]<br />
La f<strong>il</strong>osofia non è <strong>il</strong> rispecchiamento di una verità preliminare, ma, come l’arte, la realizzazione di<br />
una verità” (Merleau-Ponty 1965, pp. 29 - 30). Sul rapporto tra la CdG e l’analisi fenomenologica<br />
dell’esperienza estetica, cfr. Neumann 1973.