kant_il pensiero_della_bellezza.pdf - Lettere e Filosofia
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Si prospetta qui un dualismo <strong>della</strong> dimensione estetica in Kant. Da una parte. Un<br />
sensib<strong>il</strong>e senza genesi, già dato, unificato da a priori estrinseci anche se universali;<br />
anzi, universali perché estrinseci al sensib<strong>il</strong>e stesso. Dall’altra, un sensib<strong>il</strong>e che gode<br />
di una contingenza e di una singolarità capace di avere in sé una legge e di produrre <strong>il</strong><br />
proprio universale dall’interno. Un’Estetica determinata estrinsecamente e<br />
un’Estetica capace di esibire una determinazione interna <strong>della</strong> propria universalità e,<br />
dunque, un proprio lÒgoj. Deleuze sottolinea più volte la dualité lacérante<br />
dell’estetica <strong>kant</strong>iana e dell’estetica in generale, dell’estetica scissa in una teoria del<br />
sensib<strong>il</strong>e (di cui è mantenuto solo ciò che è conforme all’esperienza possib<strong>il</strong>e e che<br />
può essere espresso nella rappresentazione prodotta categorialmente da sintesi spontanee<br />
di un soggetto unitario e identitario) e in una teoria del bello (che raccoglie la<br />
realtà del reale, l’essere stesso del sensib<strong>il</strong>e, ciò che può essere solo sentito, là dove le<br />
phénomène fulgure, là dove “<strong>il</strong> fenomeno balena”). 295 La nuova Estetica trascendentale<br />
deve andare oltre Kant che, ignorando le sintesi passive, dà le sensazioni come già<br />
fatte “riferendole soltanto alla forma a priori <strong>della</strong> loro rappresentazione determinata<br />
come spazio e tempo”. Attraverso queste forme, Kant dà come attuata una sinossi<br />
del sensib<strong>il</strong>e pronta per la forma oggettiva che, al sensib<strong>il</strong>e, verrà dalle categorie<br />
dell’intelletto che unificano la rappresentazione dell’oggetto. L’io passivo, e le sintesi<br />
passive in cui si esplica, sono rimossi a favore di una sua unità già garantita come<br />
correlato soggettivo dell’oggetto = x. Kant, scrive Deleuze, “non soltanto unifica l’io<br />
passivo, vietandosi di comporre lo spazio per gradi, non soltanto priva l’io passivo di<br />
ogni potere di sintesi (essendola sintesi riservata all’attività), ma anche scinde inoltre<br />
le due parti dell’Estetica, l’elemento oggettivo <strong>della</strong> sensazione garantito dalla forma<br />
dello spazio, e l’elemento soggettivo incorporato nel piacere e nella sofferenza”. 296<br />
Si tratta, scrive Deleuze in Differenza e ripetizione, di andare oltre le categorie,<br />
che sono condizioni dell’esperienza possib<strong>il</strong>e, verso “le condizioni dell’esperienza<br />
reale, che non sono più larghe del condizionato”. 297 Questo superamento <strong>della</strong> dualità<br />
dell’estetica implica <strong>il</strong> superamento <strong>della</strong> separazione <strong>della</strong> teoria del sensib<strong>il</strong>e del<br />
campo <strong>della</strong> conoscenza e del sensib<strong>il</strong>e del campo dell’arte. Se <strong>il</strong> sensib<strong>il</strong>e del campo<br />
<strong>della</strong> conoscenza va colto ald<strong>il</strong>à <strong>della</strong> prigione <strong>della</strong> rappresentazione e secondo sintesi<br />
passive, così <strong>il</strong> sensib<strong>il</strong>e dell’arte non è quello definito dalla bella rappresentazione,<br />
ma quello che l’arte porta ad espressione nella sua pura presenza e nelle sue differenza:<br />
“l’‘estetica’ soffre di una dualità lacerante. Da una parte, designa la teoria <strong>della</strong><br />
sensib<strong>il</strong>ità come forma dell’esperienza possib<strong>il</strong>e; dall’altra la teoria dell’arte come riflessione<br />
dell’esperienza reale. Perché i due sensi si congiungano, occorre che le condizioni<br />
dell’esperienza in generale divengano esse stesse condizioni dell’esperienza<br />
reale; allora, l’opera d’arte, dal canto suo, appare realmente come sperimentazione”. 298<br />
Ciò unifica o divide le due estetiche di Kant, quella <strong>della</strong> CRP e quella <strong>della</strong> CdG?<br />
295 Deleuze 1997, p. 79 e 93.<br />
296 Cfr. Deleuze 1997, p. 129.<br />
297 Deleuze 1993, p. 93.<br />
298 Deleuze 1975, p. 229.<br />
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