kant_il pensiero_della_bellezza.pdf - Lettere e Filosofia
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Scrive Kant: “la realtà delle bellezze naturali è un fatto d’esperienza”. 252 Il testo tedesco<br />
suona: der Erfahrung offen liegt: la <strong>bellezza</strong> nella sua realtà è una apertura, si<br />
offre all’esperienza, si dona gratuitamente, non prevedib<strong>il</strong>e e non controllab<strong>il</strong>e.<br />
Dunque, rispondendo all’appello del suo darsi, la ‘vedo’ e la ‘sento’, e la sento<br />
perché la sua legge si dà, nella singolarità, solo vor Augen, qui davanti, sotto i miei<br />
occhi. 253 In una concezione tradizionale del vedere (come quella che domina in Kant),<br />
la <strong>bellezza</strong> è nel sentire e non nella percezione: <strong>il</strong> che significa però, se trasformiamo<br />
<strong>il</strong> linguaggio di Kant secondo la problematica che stiamo seguendo, che essa non è<br />
un’intuizione sensib<strong>il</strong>e oggettivata, bensì un’intuizione eidetica libera da ogni costrizione<br />
intellettuale; intuizione che si offre in un vedere che esprime la logica del sensib<strong>il</strong>e<br />
e <strong>della</strong> sensazione e non l’oggettività degli oggetti (un vedere quale quello descritto<br />
ed esplicitato da Merleau-Ponty). Kant esprime l’essenza profonda di questo<br />
vedere, e lasciar essere, la <strong>bellezza</strong>, dicendo che la “sento” come un effetto (di piacere)<br />
in me. Cruciale è qui cogliere che questo effetto non ha nulla a che fare con un<br />
sentimentalismo ‘irrazionalistico’, ma è, al contrario, un effetto di conoscenza in cui<br />
mi sento vedere la <strong>bellezza</strong> e che mi garantisce <strong>della</strong> sua presenza qui, sotto i miei occhi<br />
La <strong>bellezza</strong> è un novum e un eccedente, che l’esperienza incontra senza poterlo risolvere<br />
in conoscenza oggettiva; eppure essa determina un effetto di conoscenza.<br />
Non c’è conoscenza <strong>della</strong> <strong>bellezza</strong> come oggetto, ma non è <strong>il</strong> soggetto a determinare<br />
la <strong>bellezza</strong>; al contrario, è la <strong>bellezza</strong> a determinare <strong>il</strong> soggetto secondo un affizieren<br />
che è di conoscenza. Ma, quale conoscenza? La <strong>bellezza</strong> non posso ri-conoscerla in<br />
un suo concetto, e dunque nel suo ‘che cosa’; posso solo incontrarla nel suo esserci. 254<br />
Se la <strong>bellezza</strong> è pensab<strong>il</strong>e, lo è solo da un <strong>pensiero</strong> che ponga l’incontro, l’occasione,<br />
la domanda, <strong>il</strong> ‘problematico’ al suo centro, e non l’oggetto. La <strong>bellezza</strong>, come diceva<br />
Mallarmé, è nel luogo in cui non ha luogo nulla, nulla che non sia l’aver-luogo del<br />
luogo stesso,<br />
exceptée peut-être une constellation<br />
cioè una figura che si configura e si costella, quando sono sospesi significato, causalità,<br />
cronologia e intenzione. La <strong>bellezza</strong> dunque non è un Gegen-stand: un difronte<br />
del soggetto; ma un modo del rivelarsi senza un Grund. Per la conoscenza determinante<br />
la <strong>bellezza</strong> è dell’ordine dell’eccedenza e <strong>della</strong> gratuità. Non è mai una<br />
semplice presenza. 255<br />
I principi a priori del Giudizio aprono così uno spazio tra la ditio <strong>della</strong> Natura e la<br />
ditio <strong>della</strong> Libertà, uno Zwischen secondo una libera legalità dell’immaginar-si (del<br />
far-si immagine) <strong>della</strong> figura ‘bella’, che eleva l’immaginazione dal luogo di schematizzazione<br />
e di radice comune di sensib<strong>il</strong>e e intelligib<strong>il</strong>e, in cui si trova nella CRP, a<br />
252 CdG, p. 118, c. m.<br />
253 CRP, p. 221; KrV, p. 220.<br />
254 Sul riconoscimento dell’oggetto e l’incontro dell’evento (singolarità), v. le decisive pagine di<br />
Deleuze in Differenza e ripetizione nel capitolo sull’Immagine del <strong>pensiero</strong>.<br />
255 Cfr. anche Mörchen 1971, pp. 168 - 169 (cfr. supra, n. 103).<br />
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