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il ruolo del difensore - Camera Penale Veneziana

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una serena lettura <strong>del</strong>l'art. 379 bis C.P. nel suo combinarsi con la disciplina<br />

processuale <strong>del</strong>la segretezza. L'incriminazione di cui all'art. 379 bis C.P., prima<br />

parte non è definib<strong>il</strong>e in senso proprio come norma meramente sanzionatoria<br />

<strong>del</strong>le violazioni <strong>del</strong>l'obbligo di segretezza contemplato dall'art. 391 quinquies<br />

C.P.P. quale esito <strong>del</strong>l'esercizio eventuale <strong>del</strong> potere di segretazione attribuito al<br />

P.M., perché la norma sostanziale presenta un ambito precettivo autonomo e più<br />

ampio di quello presente nella disposizione processuale. Volendo ricorrere ad<br />

una immagine di sintesi, si potrebbe dire che la norma processuale vincola al<br />

segreto solo i detentori di una conoscenza diretta dei fatti processualmente<br />

r<strong>il</strong>evanti, conoscenza che, appunto, viene comunicata al P.M. quando vengono<br />

sentiti; laddove l'art. 379 bis C.P., nella prima parte, si dirige ai detentori di una<br />

conoscenza derivata dalla partecipazione o dall'assistenza ad una narrazione di<br />

terzi. Ciò non toglie, comunque, <strong>il</strong> nesso particolarmente stretto che avvince le<br />

due norme, ed in virtù <strong>del</strong> quale l'incriminazione riceve dall'altra indicazioni<br />

fondamentali a fini interpretativi. Cosa debba intendersi per notizie segrete, la<br />

cui divulgazione è punita appunto dall'art. 379 bis C.P., lo chiarisce proprio<br />

l'art. 391 quinquies C.P.P.. Non è che la nozione di segreto possa d<strong>il</strong>atarsi sino a<br />

coincidere con quella prevista dall'art. 329 C.P.P., che si è visto relativa solo<br />

agli atti di cui l'imputato non può avere conoscenza. La situazione contemplata<br />

dall'art. 379 bis C.P., al contrario, si pone sin dall'origine su un diverso piano di<br />

conoscib<strong>il</strong>ità immediata (si tratta sempre di atti per i quali è prevista l'assistenza<br />

o la partecipazione <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>), <strong>il</strong> che permette di escluderla dall'ambito<br />

disegnato dalla regola generale <strong>del</strong> segreto investigativo. In questo senso,<br />

l'incriminazione colma effettivamente una lacuna, perché in precedenza la<br />

violazione <strong>del</strong>l'obbligo <strong>del</strong> segreto (apponib<strong>il</strong>e ex art. 329, 3° comma lett. a<br />

c.p.p.) commessa dalle parti private e/o dai loro difensori doveva ritenersi<br />

penalmente irr<strong>il</strong>evante (è appena <strong>il</strong> caso di segnalare che non è minimamente<br />

ipotizzab<strong>il</strong>e lo schema <strong>del</strong> concorso <strong>del</strong>l'estraneo nel reato proprio di rivelazione<br />

di segreto ex art. 326 C.P., che riguarda ben diversa fenomenologia). Ma la<br />

circostanza che determinate conoscenze <strong>del</strong>le parti non siano ab initio segrete<br />

non esclude che possano sopravvenire esigenze di tutela <strong>del</strong> segreto nel corso<br />

<strong>del</strong>le indagini, e di tali esigenze mi pare che si renda interprete la nuova<br />

fattispecie, la cui struttura parzialmente in bianco dipende appunto<br />

dall'impossib<strong>il</strong>ità di tipicizzare a priori le ragioni <strong>del</strong> segreto, valutab<strong>il</strong>i caso per<br />

caso solo da chi, essendo <strong>il</strong> titolare <strong>del</strong>le indagini, è in grado di apprezzarne la<br />

esistenza. Il che significa, allora, che la nozione di notizie segrete di cui all'art.<br />

379 bis C.P. deve intendersi come corrispondente a quella di notizie segretate,<br />

cioè dichiarati tali dal P.M. nel decreto motivato previsto dall'art. 391 quinquies<br />

C.P.P.. A me sembra, infatti, che questa sia l'unica lettura compatib<strong>il</strong>e con la<br />

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