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DI - Brixia Sacra

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del Carmine, l'opera bresciana più riccesca dello Zanetti, seguirebbe le altre due<br />

pale più legate al clima locale (quindi dopo il 1741 e prima del 1747, anno in cui<br />

la ricorda, senza datarla, il Maccarinelli) secondo un'ipotesi temporale che implicitamente<br />

presume un progressivo sganciamento dalla cultura bresciana per una<br />

sempre più stretta adesione al pittore veneziano.<br />

Invece, e non solo per alcune affinità tematiche, è proprio la S. Cecilia l'opera<br />

più prossima ai dipinti veronesi con i quali condivide la «tessitura di colori<br />

solari» (15) e le tipologie strettamente veronesiano-riccesche anche se ormai sulla<br />

base di una maggiore levigatezza formale e accademica riconducibile sì, come<br />

vuole Passamani, agli influssi locali (16) - e in questo senso va in ogni caso datata<br />

dopo i dipinti veronesi che nulla tengono della cultura bresciana - ma che<br />

dipende anche dalla accurata preparazione della tela, mentre le tavole di Verona<br />

sono state lavorate senza imprimitura direttamente sul legno, appena sporcato con<br />

un po' di bolo.<br />

E' dunque evidente che il pittore sulle Lagune e nel Veneto, dimenticati i<br />

primi insegnamenti paglieschi, si muove totalmente nell'ambito culturale veneziano,<br />

mentre a Brescia si rieducherà gradualmente alla cultura locale fino ad<br />

assumere, soprattutto nella pala di S. Zeno, una posizione per molti versi affine<br />

a quella dell'esasperato e antiaccademico Fali di S. Francesco (17).<br />

Purtroppo non è possibile, ora come ora, tentare di spiegare questa presenza<br />

tutto sommato anomala e, a quanto pare, senza seguito del bresciano a Verona,<br />

né è tanto meno possibile indicare una qualche traccia che conduca ai committenti.<br />

Tuttavia non è forse senza significato che il monumentale altar maggiore<br />

degli Scalzi - esempio, io credo unico, nel Veronese - sia concordemente indicato,<br />

dal Lanceni (18) in poi, come opera di Antonio Corbarelli decorata per la<br />

parte plastica (due statue laterali con S. Teresa e S. Giovanni della Croce, Puttini,<br />

Angeli e Virtù) da Angelo (sic) Calegari.<br />

Anche se Angelo Calegari non risulta esistere (forse un semplice errore di<br />

stampa - non registrato. ma non è certo l'unico caso. nemmeno negli Errata<br />

corrige in fondo al volume del Lanceni -- da correggere evidentemente con Santo<br />

il Vecchio (19) dal momento che l'altare è da credere su per giù contemporaneo<br />

alla pala del Balestra del 1697). tuttavia il Lanceni (1659-1735) •. implicato direttamente<br />

negli ambienti artistici veronesi non solo come conoscitore e autore di un<br />

fondamentale catastico delle chiese cittadine e di provincia ma anche come pit-<br />

(15)<br />

(16)<br />

(17)<br />

(18)<br />

(19)<br />

B. PASSAMANI, op. dt., p. 101.<br />

B. PASSAMANI, op. cit., p. 101.<br />

Per il quale si veda: L. ANELLI - E.M. auzzo, op. cit., pp. 63-67. E.M. auzzo,<br />

La pittura ... , op. cit., p. 185.<br />

a.B. LANCENI. op. cit., p. 157.<br />

Santo il Veéchio è l'unico della famiglia già attivo negli ultimi anni del Seicento: in<br />

ogni caso il CARBONI (op. cit., p. 23) cita, senza specificare, suoi lavori per Verona<br />

(forse questi?).<br />

19

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