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Vita associativa - OSDI

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N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

30<br />

Il momento finale della comunicazione<br />

con la capo sala risulta particolarmente<br />

problematico. La frase - Non è possibile,<br />

noi lasciamo un’ora di tempo … ed è<br />

sempre sufficiente! - toglie legittimazione<br />

alla realtà vissuta dalla madre. Potrà anche<br />

essere vero che per tutte le altre madri,<br />

fino a quel momento, quel tempo sia<br />

stato sufficiente, ma non lo è per la madre<br />

di Sandro e Luigi. Parlando con le madri,<br />

durante i focus group, un dato che è<br />

emerso con frequenza è quanto fosse<br />

importante sentirsi comprese e credute<br />

dal loro medico. Qui la realtà della madre<br />

viene squalificata; e nel momento in cui<br />

si fa un confronto con le altre, non si può<br />

non accrescere un sentimento di inferiorità,<br />

di inadeguatezza. Parole non empatiche,<br />

che non aiutano. La frase preannuncia la<br />

durezza della conclusione: In ogni caso<br />

non riuscirà ad allattarne due! Frase inutile,<br />

che esprime l’aggressività vissuta dalla<br />

capo sala. Siamo di fronte ad una relazione<br />

conflittuale, non di aiuto.<br />

Quale è il compito della capo sala?<br />

Certo far sì che il reparto funzioni con<br />

ordine, secondo delle regole, tuttavia qui<br />

lo sguardo sembra troppo orientato verso<br />

l’istituzione, il reparto, l’organizzazione e<br />

per nulla verso la paziente, la madre. Una<br />

organizzazione orientata al servizio, quale<br />

è il reparto di un ospedale, deve avere al<br />

centro il paziente: non è il paziente che<br />

deve adattarsi alla organizzazione, ma<br />

viceversa.<br />

E’ possibile però che la scarsa disponibilità<br />

della capo sala sia anche il frutto<br />

di problemi organizzativi, che, è ben noto<br />

a tutti, rendono molto frustrante il lavoro<br />

per gli operatori sanitari: mancanza di<br />

personale, elevato turn-over, carichi di<br />

lavori eccessivi; da qui rigidità, tensioni,<br />

demotivazioni. Sarebbe necessario interrompere<br />

questa dinamica negativa, che<br />

accrescendo i livelli di tensione, rende<br />

anche meno efficace il proprio lavoro e<br />

aumenta la demotivazione. La modalità<br />

aggressiva della capo sala forse è anche<br />

determinata dal non sapere fronteggiare<br />

la richiesta della madre, quando sente di<br />

non avere sufficiente spazio di cambiamento,<br />

per venire incontro alle sue richieste.<br />

L’ansia fa chiudere rapidamente e<br />

bruscamente la comunicazione.<br />

Le competenze comunicative sia<br />

della puericultrice, che della capo sala,<br />

in questo caso, non sono brillanti. Non<br />

c’è accoglienza, la modalità è immediatamente<br />

respingente: “non è possibile,<br />

abbiamo troppi bambini da accudire<br />

e dobbiamo rispettare i ritmi … Guardi è<br />

proprio impossibile”. Parole che trasmettono<br />

chiusura, non ascolto, non aprono<br />

alla negoziazione di nuove possibilità.<br />

L’episodio mostra uno scarso orientamento<br />

alla soluzione di problemi, manca flessibilità,<br />

e così la capacità di essere empatici,<br />

o di controllare le proprie emozioni, come<br />

l’attacco aggressivo finale.<br />

Per quanto riguarda la puericultrice<br />

qui emerge una comunicazione di chiusura<br />

e respingente. Avrebbe anche potuto<br />

colludere con la paziente, ad esempio,<br />

rispondendo che effettivamente nel reparto<br />

le regole sono eccessive con danno<br />

delle pazienti: “”Eh che vuole, qui le cose<br />

vanno così, io lo dico sempre, ma non c’è<br />

niente da fare””, esprimendo il suo personale<br />

malcontento, ma non avrebbe<br />

aiutato la madre, svalutando il reparto.<br />

Una modalità più adulta sarebbe stata<br />

quella di ascoltare la paziente, rassicurarla,<br />

fare presenti le difficoltà e le necessità<br />

organizzative ed eventualmente offrirsi<br />

per una possibile ricerca di una soluzione.<br />

Il problema del caso non è il rifiuto, ma<br />

la modalità aggressiva di come viene<br />

espresso. Dire di no a qualcuno è molto<br />

più impegnativo che dir di sì; richiede più<br />

attenzione, più cura.<br />

L’episodio può favorire molte altre<br />

riflessioni, che qui non è possibile appro-

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