“Convegno di studio sul cinema d'amatore”. - Cinevideo Club ...
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contatto con un pubblico che può conoscere il <strong>cinema</strong> d'amatore, ma può anche non<br />
conoscerlo. Lo spettatore è abituato a "vedere" le immagini e la sua sensibilità non può<br />
scendere a compromessi tra il film professionale in <strong>cinema</strong>scope e quello amatoriale in<br />
16 mm.<br />
Dimensione umana, questo è un punto fondamentale. Senso <strong>di</strong> responsabilità degli<br />
autori, è l'altro punto fondamentale.<br />
Nava, riferendosi alla relazione <strong>di</strong> Tito Spini si chiedeva ad un certo punto: noi<br />
"dobbiamo" seguire una strada o "possiamo" seguire una strada? lo rispondo (e<br />
scusatemi se in questo momento mi metto tra <strong>di</strong> voi) noi dobbiamo seguire una strada<br />
se vogliamo il rispetto degli altri, se vogliamo essere considerati degli uomini che<br />
creano per gli altri uomini, non dei signori che prendono la macchina da presa per solo<br />
ed esclusivo passatempo. Per me, "cineamatore" è qualche cosa <strong>di</strong> ben <strong>di</strong>stinto da<br />
"cine<strong>di</strong>lettante". Quando sento parlare dei paesaggi, <strong>di</strong> riprese familiari, <strong>di</strong> scenette<br />
comiche, non riesco a capacitarmi come sia possibile parlare ancora oggi <strong>di</strong> queste<br />
cose. Gianni Rondolino ha parlato dell'Occhio Selvaggio. E’ vero, questo è un punto<br />
fondamentale e vorrei che fosse proprio la base del <strong>di</strong>scorso che ci si augura possa<br />
nascere da questo convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Il <strong>cinema</strong> d'amatore italiano deve creare il suo<br />
"occhio selvaggio". Che cosa voglio <strong>di</strong>re con questo? Voi lo intuite benissimo. Voglio<br />
<strong>di</strong>re che il cineamatorismo italiano deve essere formato <strong>di</strong> uomini i quali abbiano<br />
coscienza <strong>di</strong> sé stessi e nella responsabilità del proprio operato intendano che in questo<br />
tempo è necessario essere selvaggi come lo è stato Mimo Maccari anni fa sotto la<br />
dominazione fascista. Selvaggi anche oggi, quando altre ragioni lo impongono; selvaggi<br />
responsabili e coscienti i quali graffiano la realtà italiana.<br />
All'estero, alcuni dei nomi più significativi <strong>di</strong> quel <strong>cinema</strong> contemporaneo che amiamo<br />
provengono appunto dal cineamatorismo o, comunque, sono in<strong>di</strong>vidui come Karel<br />
Reisz, come François Truffaut, come Lionel Rogosin, come Sidney Meyers, i quali -<br />
ad un certo punto - rifiutando il <strong>cinema</strong> industriale hanno con la loro macchina da 16<br />
mm. fissati quei motivi che profondamente sentivano dentro. Hanno cioè realizzato quel<br />
<strong>di</strong>scorso che volevano fare agli altri uomini e lo hanno fatto in 20, 40, 60. o in 80 minuti.<br />
Questo è un altro mito da sfatare: perché la palla dì piombo al piede del racconto<br />
racchiuso entro i 15-20 minuti? Non significa nulla. Potrà essere una regola <strong>di</strong> massima<br />
per i concorsi, ma il cineamatore quando presenta un'opera valida non troverà mai una<br />
giuria che gliela rifiuta solamente perché supera il tempo prefissato.<br />
Sono stati citati molti uomini <strong>di</strong> lettere, <strong>di</strong> scienza, <strong>di</strong> cultura, in questi tre giorni: da<br />
Lewis Manford e James Joyce, da Musil a Elemir Zolla. Tutti quanti, indubbiamente,<br />
hanno avuto una ragione d'essere in questa sede. Perché?<br />
Perché sono quegli uomini che (come <strong>di</strong>ceva Serravalli) hanno veramente intuito il<br />
senso del nostro tempo, ci hanno fatto capire che cos'è il nostro tempo. E nel 1961 se<br />
vogliamo inserirci nella cultura del nostro tempo noi dobbiamo legarci a questi uomini,<br />
dobbiamo correre nella loro scia, dobbiamo - per quanto è possibile - dare quel tanto <strong>di</strong><br />
fantasia che Serravalli chiedeva a noi nel momento in cui leggiamo Joyce. E’ da quello<br />
che noi possiamo andare oltre. Possiamo creare. Qualcuno ha detto che si è fatta<br />
dell'accademia. Per quel che ho detto ora ritengo superfluo ribattere. Parlare <strong>di</strong> Joyce o<br />
<strong>di</strong> Musil <strong>di</strong> Le Corbusier, <strong>di</strong> Wright o <strong>di</strong> Neutra, <strong>di</strong> Gau<strong>di</strong> o <strong>di</strong> Alvar Alto, non<br />
sottintende far dell'accademia, si cerca solamente <strong>di</strong> svolgere un <strong>di</strong>scorso che abbia<br />
una sua vali<strong>di</strong>tà culturale e non per nulla vorrei ricordare che a Bergamo non sono stati<br />
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