due papi venuti dal futuro - il gibbo
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8.11 - Traballa <strong>il</strong> modulo di presenza dei Cattolici in politica<br />
Con la povertà dei risultati politici del Centro sinistra sembrò riprendere fiato lo schema di<br />
presenza dei Cattolici nella società che si era formato al tempo dei Comitati Civici.<br />
Illusione. Quello schema prevedeva una visione concentrica della Chiesa che esaltava <strong>il</strong> ruolo<br />
della gerarchia e deprimeva quello dei laici.<br />
Quello schema aveva al centro la Parola e l’Eucaristia, ma così come la proclama la Gerarchia,<br />
che è <strong>il</strong> primo e decisivo cerchio che si dispone intorno alla Parola e all’Eucaristia. Tutt’intorno, per<br />
cerchi concentrici, prima la Gerarchia come Chiesa docente, che in segna e impartisce ordini, poi <strong>il</strong><br />
clero che collabora nell’obbedienza cieca sorda e muta, poi i laici, la Chiesa discente, che impara ed<br />
esegue, infine la Democrazia Cristiana.<br />
Ma anche dopo la fine del Centro sinistra molti tra i Cattolici più socialmente sensib<strong>il</strong>i non<br />
intendono affatto tornare indietro <strong>dal</strong> rifiuto totale della DC come “cerchio esterno” che sul piano<br />
della prassi e della finanza tiene insieme tutto del mondo cattolico.<br />
Inizia un cammino che nessuno sa dove porterà l’Italia. Si comincerà a saperlo solo nel 1989,<br />
con <strong>il</strong> crollo del muro di Berlino e l’unificazione del mondo all’insegna del santissimo mercato.<br />
In Italia quel cammino portava alla fine della prima Repubblica.<br />
9 - Il vertice del pontificato giovanneo: la Pacem in Terris<br />
Il papa dunque promuove un radicale ri/orientamento del rapporto tra Chiesa e società; e questo<br />
ri/orientamento trovò la più matura elaborazione nell’ultima enciclica pubblicata da Giovanni<br />
XXIII, la Pacem in terris (9 apr<strong>il</strong>e 1963, <strong>due</strong> mesi prima di morire).<br />
9.1 - I destinatari<br />
La Pacem in terris è indirizzata, anziché ai soli responsab<strong>il</strong>i della Chiesa, a tutti gli uomini di<br />
buona Volontà: <strong>il</strong> papa sollecitava la collaborazione tra cattolici e uomini ispirati da ideologie acristiane<br />
o anti-cristiane, perché si dessero tutti, credenti e non cedenti, un obiettivo comune: una<br />
migliore convivenza civ<strong>il</strong>e.<br />
A questo proposito Roncalli riprendeva una distinzione (quella tra errore ed errante) assai abituale nella<br />
teologia cattolica; ma lui ne aveva dato un perché nuovo e profondo: perché le ideologie rimangono<br />
sempre le stesse, mentre i movimenti storici nati da quelle ideologie mutano senza sosta. La distinzione<br />
fra errore ed errante, intesa in passato in chiave esclusivamente personale, applicata alle organizzazioni<br />
politiche, rendeva possib<strong>il</strong>e e auspicab<strong>il</strong>e una diversa forma di presenza dei credenti nella società: un<br />
lavoro comune con “gli erranti”, i quali, pur permanendo nell’errore sul piano dottrinale, nella vita<br />
potevano benissimo essere portatori di autentici valori umani.<br />
9.2 - I segni dei tempi<br />
Alla base di questa linea stava la convinzione giovannea che occorreva fare grande attenzione ai<br />
“segni dei tempi”.<br />
Anche questa espressione era tutt’altro che inusuale nella cultura cattolica e aveva avuto<br />
applicazioni molteplici e variegate; ma Giovanni non era un professore, e per lui quello che contava<br />
era l’orizzonte storico concreto: cogliere i segni dei tempi voleva dire evidenziare quegli elementi<br />
che nel mondo moderno corrispondevano al messaggio evangelico, ma dei quali nel recente passato<br />
<strong>il</strong> cristiano medio non s’era nemmeno accorto. Occorreva superare l’atteggiamento che faceva della<br />
vicenda della Chiesa un qualcosa di separato <strong>dal</strong>la vicenda umana, l’immagine della comunità<br />
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