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due papi venuti dal futuro - il gibbo

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13.2 - Oggi, nella coscienza della Comunità di Accoglienza<br />

Nella coscienza delle Comunità di Accoglienza <strong>il</strong> giudizio sull’aborto è quello della Chiesa, ma<br />

con <strong>due</strong> sottolineature molto forti:<br />

la prima riguarda <strong>il</strong> taglio dell’intervento della Chiesa in questa materia: deve essere un<br />

intervento di testimonianza e non di pura teoria, un intervento caratterizzati da quel “farsi<br />

carico” che si conviene ai cultori dell’Incarnazione;<br />

la seconda riguarda la necessità di unificare la battaglia per l’accoglienza delle vita del feto,<br />

anche malformato, con la battaglia per l’accoglienza e la valorizzazione della vita che si<br />

rivela anche drammaticamente debole dopo la nascita.<br />

Non ci sembra sufficiente delegare a cristiani particolari, come le suore, una “cura” che deve<br />

qualifica in maniera evidente la pastorale ordinaria.<br />

14 - Il travaglio di Paolo VI nel post-conc<strong>il</strong>io<br />

L’innovazione era stata radicale: a volte aveva assunto l’aspetto di un terremoto. Ipotizzare che<br />

tutto potesse procedere in forma ordinata e piana era impossib<strong>il</strong>e.<br />

14.1 - La fine dell’euforia<br />

Quel clima di ottimismo d<strong>il</strong>agante che aveva caratterizzato l’immediato post/conc<strong>il</strong>io s’infranse<br />

ben presto contro gli scogli del dolore del grande e tormentato Papa Montini.<br />

14.2 - Alla scuola di don M<strong>il</strong>ani<br />

Paolo Vi si riteneva un discepolo di don M<strong>il</strong>ani, al quale abbiamo ricordato che ripetutamente<br />

fece pervenire assegni sostanziosi.<br />

E quello di don M<strong>il</strong>ani era davvero un magistero altissimo, che solo nel 1967, l’anno della sua<br />

morte, si concretizzò in <strong>due</strong> documenti che sono di eccezionale spessore profetico, oltre che di<br />

eccezionale qualità letteraria.<br />

L’obbedienza non è più una virtù, Lettera ai Cappellani M<strong>il</strong>itari della Toscana, in difesa di quei<br />

giovani che, in nome del loro ideale pacifista e per fare pressione sullo Stato italiano a che anche<br />

nel nostro paese venisse introdotta la legge che in molti altri paesi di democrazia avanzata<br />

permetteva di sostituire <strong>il</strong> servizio m<strong>il</strong>itare con un servizio di taglio civ<strong>il</strong>e, non si presentavano alla<br />

leva e pagavano questa disobbedienza con anni di carcere; Si chiamavano F<strong>il</strong>ippini, Trevisan,<br />

Fabbrini …: in Umbria <strong>il</strong> primo fu Pietro Pinna, di Perugia. La “lettera aperta” era indirizzata ai<br />

Cappellani M<strong>il</strong>itari della Toscana, che avevano definito in pubblico “vigliacchi” i giovani che<br />

avevano fatto quella scelta.<br />

Lettera a una professoressa, ancora nel 1967: un tema affrontato e svolto collegialmente, con i<br />

suoi ragazzi, nell’arco di un intero anno scolastico, presto tradotto in tutte le lingue e diffuso in tutto<br />

<strong>il</strong> mondo, in non meno di 500 m<strong>il</strong>a copie (don Lorenzo aveva rinunciato a tutti i diritti).<br />

La lettera fu pubblicata postuma, perché nel frattempo <strong>il</strong> Priore era morto. Di cancro. Quando<br />

aveva saputo di soffrirne aveva chiesto a suo fratello, <strong>il</strong> dr. Adriano, direttore del CIM (centro di<br />

Igiene Mentale) di Firenze, di tenere ai suoi ragazzi una lezione in proposito, chiamando le cose con<br />

<strong>il</strong> proprio nome. Quel giorno lui avrebbe fatto da cavia.<br />

Tesi di fondo, intuizioni sulle quali poggiavano analisi acute, accuse mai banali, indicazioni che<br />

chiedevano un’applicazione immensamente più vasta: la scuola esistente risponde bene al fine che<br />

le hanno assegnato, che è quello di formare i quadri dirigenti per <strong>il</strong> mantenimento dello status quo;<br />

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