due papi venuti dal futuro - il gibbo

si era comportato l’anno prima, in occasione dell’Operazione Sturzo 8 , quando aveva lasciato che i
vertici dell’Azione Cattolica trovassero nella propria coscienza il santo coraggio di dire di no al
Papa, non aveva impiegato la sua straordinaria autorevolezza per piegarli alla suprema volontà. Pio
XII, ossessionato dalla paura del comunismo, in vista delle elezioni amministrative, per scongiurare
l’ipotesi “tremenda” che un comunista diventasse sindaco di Roma, aveva chiesto alla DC di fare
un’unica lista con i neofascisti del MSI (Movimento Sociale Italiano).
Era una proposta traumatica, quella di Pio XII: basti pensare che, a dieci anni dalla fine della II
guerra mondiale, tra i Missini erano presenti e numerosi gli avanzi della Repubblica di Salò, che tali
rimanevano anche se anche avevano usufruito di un’ampia amnistia nel contesto della pacificazione
nazionale post-bellica.
Ritenuti a buona ragione i massimi responsabili del fallimento dell’operazione, i vertici
dell’Azione Cattolica erano stati spazzati via: il Presidente della GIAC (Gioventù Italiana di Azione
Cattolica) Mario Rossi, medico psichiatra pieno di idee nuove e costruttive, era stato licenziato in
tronco; Carlo Carretto aveva preso la via del deserto, Arturo Paoli quella dell’America latina.
Anche Montini era sulla lista nera di Pio XII? Pare proprio di sì, e alla prima occasione fu
eliminato; ma il filosofo Jean Guitton, amico e confidente di Paolo VI, nonché suo biografo,
sostiene che la nuova missione affidata a Montini nella mente di Pio XII doveva completare la sua
personalità con una robusta iniezione di pastorale, forse anche pensando a lui come un futuro papa
potenzialmente ideale, quando i tempi fossero cambiati e avesse vinto la linea del colloquio con lil
mondo.
Certo è che i potentati del Vaticano non hanno amato Montini, e i tradizionalisti e i filofascisti
che tuttora gremiscono la Curia romana hanno avuto buon gioco anche a puntare il dito contro di
lui: troppo democratico, tropo antiautoritario, troppo liberal, troppo gradito a quel cattolicesimo
francese che ai loro occhi era la sentina di ogni progressismo deteriore.
10.6 Arcivescovo di Milano
E così Montini a Milano si è fatto un’esperienza pastorale di prim’ordine.
Con un occhio attento a tutte le esperienze, anche a quelle più controverse, come l’esperienza di
quel don Milani che per papa Giovani era “un pazzerello” e al quale poi arrivarono, debitamente
coperti dal segreto prima vescovile e poi pontificio, diversi assegni robusti da parte di Montini.
La Chiesa lombarda, duramente provata di un ateismo vivace, che col marxismo penetrava a
fondo nel mondo del lavoro, era messa molto male: al problema economico della ricostruzione
ancora ampiamente da completare si aggiungevano il problema sociale dell'immigrazione dal sud.
La Grande Missione che Montini organizzò con puntigliosa determinazione, fu un fallimento.
Eppure al momento in cui dovette lasciarla, la grande diocesi aveva visto riavvicinarsi alla
Chiesa e coalizzarsi verso il suo rinnovamento ampie fasce di società civile e anche le migliori forze
economiche: Montini aveva impostato un dialogo serio con tutte le forze sociali; anche con gli
imprenditori, ma in modo particolare con il mondo del lavoro, attraverso le ACLI (Associazioni
Cristiane dei Lavoratori ItaliaNI).
11 - PAPA
Ha una cultura vasta e moderna, d’impronta francese, con forti simpatie per la filosofia
esistenzialista. È intimamente problematico. Dell’uomo moderno condivide le aspirazioni, ma
8 Pio XII con tutta la su autorevolezza aveva convinto don Luigi Sturzo, ormai ultraottantenne e decisamente
tagliato fuori dalla dialettica politica italiana, per aver subito un troppo lungo esilio dall’Italia, a capeggiare quella lista,
se mai essa si fosse formata.
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