due papi venuti dal futuro - il gibbo

suo discorso, Paolo VI chiede che la qualifica di “avvocato dei poveri” gli venga riconosciuta dal
massimo consesso dell’umanità che sta consumando il primo millennio di storia da quando Cristo
scese nel suo cuore.
Lo chiede in nome di quella Chiesa che non presume più (come voleva Pio XII) di candidarsi a
maestra di civiltà in nome del diritto naturale e della rivelazione divina, ma il suo status civile di
“esperta in umanità” se l’è guadagnato con la sua secolare, unica, continua vicinanza ai meno
fortunati.
À COTÉ DES EMARGINAUX.
È la scelta chi ispira le linee di tutta l’attività internazionale di Paolo VI:
sul piano della politica internazionale, il rifiuto della logica dell’aut-aut, o con gli USA o con
l’URSS;
sul piano ecclesiale, il rifiuto di ogni forma residuale di temporalismo e il rifiuto dello
schema a cerchi concentrici (al centro i Sacramenti e la Parola, poi la gerarchia, poi il clero,
poi…) che fra l’altro ha generato partiti d’ispirazione cristiana che la gente ha sempre colto
come partiti cristiani.
È la scelta lungo la quale si muove la diplomazia pontificia; in questa luce Paolo VI le chiede
molto, e per questo durante il suo pontificato le rappresentanze ufficiali del Vaticano presso i vari
stati del mondo passano da 74 a 163; e sono sempre più numerose le visite dei capi di Stato e di
governo in Vaticano; e nascono le Missioni permanenti presso l’ONU, a New York e a Ginevra.
Il prestigio internazionale della Santa Sede cresce; tra i suoi successi, la partecipazione della
Santa Sede alla Conferenza di Helsinki per la sicurezza e la pace in Europa; tra i buchi nell’acqua, il
fallimento delle mediazioni su Vietnam e Palestina.
Ma da allora nessuno mai contestò alla Chiesa il ruolo di “avvocato dei poveri”.
11.4 - La “Populorum progressio”
Forte di questo riconoscimento, nel 1967 Paolo VI firma l'enciclica Populorum progressio, che
ribadisce la preferenza della Chiesa per i poveri del mondo e lega a filo doppio la lotta alla povertà
all’impegno di Giovanni XXIII per la pace.
La Populorum progressio addita nella disuguaglianza abnorme che corre tra le condizioni di vita
dei popoli dell'Occidente progredito e quelli del Terzo mondo LA QUESTIONE MONDIALE 13 ;
ricorda la dottrina dei Padri sulla destinazione universale dei beni; ribadisce il diritto del povero, in
estremo bisogno, a procurarsi l’indispensabile a partire dalle ricchezze altrui; lancia infine un
motto che avrà grandissima fortuna: LO SVILUPPO È IL NUOVO NOME DELLA PACE 14 .
Erano gli anni in cui gli Stati Uniti tentavano di arginare la protesta montante del Sudamerica.
Erano gli anni in cui i vescovi cattolici, fino a qualche anno prima legati a filo doppio ai
colonizzatori, si facevano promotori e interpreti.
Erano gli anni in cui il "Corpo di pace" voluto da Kennedy, mantenendo intatti sul piano ufficiale
gli impegni umanitari per i quali era nato, in realtà fungeva da longa manus ai colossali interessi
delle multinazionali in quel subcontinente.
Su questo sfondo si stagliò e tuttora giganteggia la figura di Paolo VI.
13 Paolo VI, Populorum progressio, 1-10
14 ibid. n. 76-80
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