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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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10<br />

PROLOGO<br />

La Musica<br />

Il Prologo mette in scena un personaggio allegorico, la Musica, che si presentò davanti<br />

al pubblico in occasione della création nel 1607, per fare l’elogio dei patrocinatori dello<br />

spettacolo (nel caso l’illustre famiglia dei Gonzaga). Successivamente descrive l’ampiezza<br />

dei suoi poteri e annuncia la favola <strong>di</strong> Orfeo.<br />

Chi è La Musica? Piuttosto che un’allegoria, è senza dubbio una Musa, come Striggio ci<br />

invita a credere per i suoi molti riferimenti mitologici che ci rimandano alla Teogonia <strong>di</strong><br />

Esiodo (VIII°-VII° secolo a.C.).La Musica <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> venire dalle rive del fiume Permesso ed<br />

evoca il monte Elicone. Questa montagna della Beozia era la residenza abituale delle Muse<br />

secondo Esiodo che lui stesso pastore e poeta, come Orfeo, viveva sulle pen<strong>di</strong>ci dell’Elicone:<br />

«Per cominciare, cantiamo le Muse Eliconiane, regine dell’Elicone, la grande e <strong>di</strong>vina<br />

montagna. Spesso attorno alla sorgente delle acque cupe e all’altare dei potentissimi figli<br />

<strong>di</strong> Cronos, esse danzano con i loro pie<strong>di</strong> delicati. Spesso anche, dopo avere lavato il loro<br />

tenero corpo con l’acqua del Permesso o dell’Ippocrene o del <strong>di</strong>vino Olmeo, esse hanno,<br />

sulla sommità dell’Elicone, formato dei cori, belli e affascinanti, dove hanno volteggiato i<br />

loro passi; poi, si allontanano, coperta da spessa bruma e, mentre camminano nella notte,<br />

fanno sentire un meraviglioso concerto. […]».<br />

Quanto al Pindo, questa montagna che separa l’Epiro dalla Tessaglia (a 200 km a nordovest<br />

dell’Elicone) era ugualmente consacrato secondo un’altra tra<strong>di</strong>zione antica riferita<br />

ad Apollo e alla Muse.<br />

Numerosi commentatori hanno opposto il Prologo dell’Orfeo a quello dell’Euri<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

Rinuccini, messo in musica nel 1600 da Peri e Caccini. Rinuccini affidò il prologo a un’altra<br />

allegoria: La Trage<strong>di</strong>a. La <strong>di</strong>mensione teatrale e l’ere<strong>di</strong>tà aristotelica propria a questo<br />

nuovo tipo <strong>di</strong> spettacolo erano così affermate con forza. Striggio fa intervenire la Musica,<br />

altra allegoria <strong>di</strong> essenza apollinea e cosmologica, ma che si riattacca piuttosto alla tra<strong>di</strong>zione<br />

platonica. Striggio e Montever<strong>di</strong> annunciano con chiarezza e convinzione che la loro<br />

procedura sarà molto <strong>di</strong>fferente: lo spettacolo che ci sarà offerto sarà <strong>di</strong> teatro, certo, ma il<br />

suo principale proposito concernerà l’illustrazione dei poteri della Musica. In più, Striggio<br />

ci ricorda che la Musica ha molti aspetti: è Musica humana («Io su cetera d’or cantando<br />

soglio Mortal orecchio lusingar tal’hora»), ma anche Musica mundana («E in questa guisa<br />

all’armonia sonora De la lira del Ciel più l’alme invoglio»).<br />

La Musica, sotto tutte le sue apparenze, formerà dunque l’oggetto principale del<br />

<strong>di</strong>scorso. Un altro fatto viene a confermare questa idea: i tre Prologhi <strong>di</strong> Peri, Caccini e<br />

Montever<strong>di</strong> adottano a priori la stessa organizzazione strofica interrotta da Ritornelli<br />

strumentali. ma il trattamento <strong>di</strong> questa forma da parte <strong>di</strong> Montever<strong>di</strong> lo <strong>di</strong>stingue nettamente<br />

dai suoi due predecessori.<br />

Per prima cosa, i Prologhi <strong>di</strong> Peri e <strong>di</strong> Caccini stanno ciascuno su una sola pagina.<br />

Essi non hanno fatto stampare che una versione semplice del canto riportando il testo<br />

della prima strofa, e hanno <strong>di</strong>sposto nella parte bassa della pagina il testo delle sei strofe<br />

successive. Montever<strong>di</strong> ha scritto per esteso le cinque strofe, proponendo una messa in<br />

musica ogni volta rinnovata. Egli dunque impone la sua procedura composizionale là dove<br />

i suoi predecessori avevano lasciato agli interpreti tutte le latitu<strong>di</strong>ni per proporre variazioni<br />

all’interpretazione <strong>di</strong> queste strofe. Analogamente Peri e Caccini non hanno fatto<br />

stampare che la sola parte del basso dei loro corti Ritornelli strumentali (la realizzazione<br />

della parti «<strong>di</strong> sopra» essendo lasciate all’invenzione dell’interprete) mentre Montever<strong>di</strong><br />

precisa le cinque parti della polifonia, e ne propone due varianti, trasformando questo

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