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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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più convenzionali dei madrigali dei libri IV° e V°. Non<strong>di</strong>meno si manifestano segni <strong>di</strong> una<br />

evoluzione verso un altro sistema <strong>di</strong> pensiero musicale.<br />

Innanzitutto, il tenore non gioca più il ruolo <strong>di</strong> voce strutturale: le voci estreme (le alte<br />

in primo luogo, le basse successivamente) generano e organizzano il <strong>di</strong>scorso.<br />

I rapporti <strong>di</strong> consonanza fra canto e basso restano sottoposti all’alternanza <strong>di</strong> terze,<br />

quinte e ottave. Ma le <strong>di</strong>ssonanze, utilizzate a fini espressivi, <strong>di</strong>ventano sempre più importanti.<br />

LA MONODIA ACCOMPAGNATA<br />

I personaggi dell’Orfeo si esprimono per mezzo della mono<strong>di</strong>a accompagnata. Questa<br />

tecnica <strong>di</strong> scrittura rivoluzionaria apparve verso il 1580 nelle camerate fiorentine. Essa è<br />

frutto <strong>di</strong> una ricerca teorica ispirata dagli umanisti: il ritorno all’ideale musicale e teatrale<br />

antico. L’immagine del poeta omerico che accompagna egli stesso i suoi «canti» con una<br />

lira era il modello da riprodurre. Questa musica «fantasmatica» fu concretizzata dall’invenzione<br />

<strong>di</strong> un nuovo sistema <strong>di</strong> scrittura: il basso continuo. Quest’ultimo deriva dall’antica<br />

pratica del basso seguente, che consisteva nel ridurre tutte le voci su uno strumento<br />

appropriato (liuto, clavicembalo, organo…) per permettere l’esecuzione <strong>di</strong> un pezzo polifonico<br />

da parte <strong>di</strong> uno o più solisti con accompagnamento. La particolarità del basso continuo<br />

risiede prima <strong>di</strong> tutto nella sua notazione: è una specie <strong>di</strong> «stenografia musicale»<br />

dove, dalla sola parte del basso a volte sormontata <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> numerazione, si può<br />

dedurre un accompagnamento improvvisato.<br />

Nei fatti, la mono<strong>di</strong>a accompagnata non si oppone ra<strong>di</strong>calmente alla nozione <strong>di</strong> polifonia.<br />

In questa stanno le fondamenta del pensiero musicale, semplificata e razionalizzata.<br />

Occorre ricordare che la pratica del contrappunto improvvisato faceva parte del quoti<strong>di</strong>ano<br />

dei musicisti del Rinascimento. la realizzazione del basso contino non è all’origine<br />

altro che una forma particolare <strong>di</strong> questo contrappunto alla mente, la cui realizzazione<br />

non è più considerata a partire da una melo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> riferimento al tenore o al soprano, ma a<br />

partire da un basso.<br />

LA NATURA DELLA REALIZZAZIONE DEL BASSO CONTINUO<br />

Conviene, per comprenderla, riferirci ai trattati fondatori <strong>di</strong> questa nuova pratica:<br />

Agostino Agazzari: Del sonare sopra’l basso, Sua, 1607. (Fac simile Forni, Bologna, 1985)<br />

Adriano Banchieri: L’organo suonarino, 2° e<strong>di</strong>zione, Venezia, 1611 (Fac simile Forni, Bologna,<br />

1983) Francesco Bianciar<strong>di</strong>: Breve regole per imparar’ sonare sopra il basso con ogni<br />

sorte d’istrumento, Sua, 1607. Galeazzo Sabbatini: Regole facile e breve per sonare sopra il<br />

basso continuo, Venzia, 1628.<br />

Agazzari conferma la natura contrappuntistica della realizzazione: «Io <strong>di</strong>co che, a colui<br />

che desidera suonare bene, conviene possedere tre cose: per prima cosa, conoscere il contrappunto<br />

[…] Seconda cosa, suonare bene il proprio strumento e capire le tabulature e le<br />

partiture […] Terza, possedere un buon orecchio al fine <strong>di</strong> sentire il movimento delle parti<br />

interiori[…].<br />

I primi esempi conosciuti <strong>di</strong> basso continuo sono esplicitamente de<strong>di</strong>cati al chitarrone.<br />

Le necessità pratiche dello strumento e le abitu<strong>di</strong>ni degli strumentisti fecero nascere a<br />

poco a poco una nuova concezione della polifonia: un gioco in «accor<strong>di</strong>» semplici, che<br />

deriva la sua origine da <strong>di</strong>verse formule stereotipate, in particolare da cadenze melo<strong>di</strong>che.<br />

Agazzari ricorda ugualmente che l’accompagnatore deve farsi da parte davanti al soli-

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