COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier
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alla quale segue una elevazione soave e <strong>di</strong>lettevole («quel piacer…»):<br />
Io non <strong>di</strong>rò [do 1]<br />
Euri<strong>di</strong>ce non interviene che in due riprese nel corso della Favola. Ma ognuna delle<br />
apparizioni della bella Driade è caricata da una potenza espressiva che le rende ancora<br />
più rilevanti. Ella qui <strong>di</strong>ce poche cose: è felice e ama Orfeo. Striggio impiega l’abituale<br />
metafora madrigalesca del cuore che, come se fosse animato da una propria vita, parla a<br />
nome dell’essere nella sua interezza. Tuttavia queste dolci parole conoscono una messa<br />
in musica ambigua, fatta tutta <strong>di</strong> mezze tinte. Così le sue prime note fanno apparire subito<br />
delle <strong>di</strong>ssonanze, il sol <strong>di</strong>esis del canto (reso necessario dalla prossimità dell’ottava la-la)<br />
destabilizzando il modo <strong>di</strong> re autentico affermato all’inizio. La conclusione del racconto è<br />
anche eminentemente espressiva, anche se il dolore si mescola all’estasi quando Euri<strong>di</strong>ce<br />
confessa il suo amore («e quanto t’ami»): la voce anticipa i movimenti del basso, creando<br />
delle <strong>di</strong>ssonanze, e l’elevazione verso il re acuto fa posto a una caduta verso il la; come se<br />
la cadenza attesa del soprano (re-do <strong>di</strong>esis-re) fosse abortita. È necessario vedervi l’annuncio<br />
che tutti gli sforzi intrapresi da Euri<strong>di</strong>ce per girarsi verso la luce saranno destinati<br />
all’insuccesso?<br />
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