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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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da braccio. La Ninfa e i Pastori, ma anche Orfeo, ancora increduli, restano accompagnati<br />

dal Clavicembalo e dal Chitarrone, e sostenuti da un basso d’archetto. L’opposizione è<br />

totale con l’organo della messaggera. Quando questa avrà terminato il suo racconto e la<br />

rivelazione del dramma sarà evidente a ognuno, tutti gli accompagnamenti prenderanno<br />

a poco a poco il timbro del dolore, e l’ampia lamentazione finale sarà cantata sol solo<br />

sostegno dell’organo. Montever<strong>di</strong> qui va bel al <strong>di</strong> là della tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> strumentazione<br />

delle orchestre <strong>di</strong> intermezzi del Rinascimento, e usa colori strumentali a soli fini drammatici<br />

ed espressivi.<br />

L’arrivo della Messaggera è segnalato da un grido, un’imprecazione dolorosa contro<br />

gli dei. Questi due versi, <strong>di</strong> una impressionante forza poetica, formeranno il ritornello del<br />

kommos (coro funebre <strong>di</strong> lamentazione) alla fine dell’atto. Tutto è doloroso e <strong>di</strong>ssonante:<br />

il primo grado «irrazionale» esteso al basso (do <strong>di</strong>esis), la modalità instabile tendente<br />

verso l’ipoeolio (la plagale), le appoggiature del canto (sol <strong>di</strong>esis sul la del basso), i gran<strong>di</strong><br />

intervalli (saltus <strong>di</strong>urusculus): mi-fa <strong>di</strong>esis <strong>di</strong>scendente) e la conclusione in sincope, dove<br />

la voce anticipa i movimenti del basso simulando dei veri singhiozzi. Il canto cerca sempre<br />

<strong>di</strong> elevarsi verso l’acuto, verso quel «Cielo nefasto» dal quale la Messaggera si <strong>di</strong>stoglie<br />

ogni volta per una successione ininterrotta <strong>di</strong> cadute d’intervalli quarta/quarta/settima/<br />

quarta): l’imprecazione è vana, l’abbattimento reale.<br />

Le corte repliche dei <strong>di</strong>versi Pastori mostrano che rapidamente, il dubbio e il terrore si<br />

impadroniscono <strong>di</strong> loro..<br />

Il primo Pastore non comprende che cosa sta succedendo: egli in un altro universo<br />

modale canta con bemolli, mentre la Messaggera canta con bequadri e ci immerge risolutamente<br />

nell’inquietante modo <strong>di</strong> la plagale. (ipoeolio).<br />

L’evocazione del «viso doloroso» della Messaggera da parte del secondo Pastore è l’occasione<br />

del primo figuralismo <strong>di</strong>ssonante (su «dolorosa») affidato a questi personaggi.<br />

La Messaggera gli risponde svelando il meccanismo drammatico proprio della peripezia:<br />

«Ch’ogni nostr’allegrezza in doglia è volta» (secondo Aristotele: «L’azione deve <strong>di</strong>pingere<br />

il passaggio dalla felicità all’infelicità»).<br />

L’inquietu<strong>di</strong>ne stringe ugualmente Orfeo. Il suo primo intervento resta consonante, ma<br />

il canto si sposta poco a poco dal basso con delle sincopi, figurando la premura del cantante<br />

a ottenere delle risposte:<br />

La sua seconda replica, dopo che il Messaggero ha sfiorato il motivo della sua venuta,<br />

mostra la sua agitazione: egli ha fatto suoi i salti <strong>di</strong> intervallo dolorosi (saltus <strong>di</strong>urusculus)<br />

della Messaggera, e non si esprime più che per degli intervalli <strong>di</strong>scendenti e crescenti<br />

(terze e quarte).

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