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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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22<br />

Ma s’il nostro gioir [do 4]<br />

Dopo una ripresa in or<strong>di</strong>ne inverso dei due primi cori (con qualche minima mo<strong>di</strong>ficazione<br />

<strong>di</strong> note), il primo Pastore mette fine all’episo<strong>di</strong>o centrale invitando i coreuti a<br />

<strong>di</strong>rigersi verso il tempio <strong>di</strong> Imeneo. Là ancora, Striggio fa riferimento alla tra<strong>di</strong>zione neoplatonica<br />

quando evoca il tempio <strong>di</strong> colui «nella cui destra è il Mondo». Questo tempio è<br />

quello <strong>di</strong> Apollo, ma la figura che egli evoca è sicuramente quella del Dio cristiano, nella<br />

sua abituale rappresentazione <strong>di</strong> Pantocrator, seduto in trono nella maestà in excœlsis («al<br />

<strong>di</strong> fuori delle sfere», nell’Empireo), tenendo tutto l’intero universo nella sua mano destra.<br />

Una volta <strong>di</strong> più, l’ambizione spirituale e la <strong>di</strong>mensione religiosa dell’Orfeo appaiono con<br />

evidenza, rendendo esplicita la famosa «giusta preghiera» evocata da Montever<strong>di</strong>.<br />

CHORO/Stasimon<br />

Il libretto stampato è più esplicito della partitura per quanto concerne il Choro conclusivo:<br />

sul modello dello stasimon aristotelico, è presentato in una sola strofa <strong>di</strong> 27 versi<br />

scritti in stile in<strong>di</strong>retto. Queste parole non sono attribuite a un personaggio preciso, ma a<br />

un «coro all’antica». Questa entità collettiva s’in<strong>di</strong>rizza al pubblico, e non agli altri personaggi,<br />

per offrire un commento moralizzatore.<br />

La partitura stampata non contiene che la musica dei primi do<strong>di</strong>ci versi, nei quali il<br />

librettista moltiplica gli effetti retorici: immagini, antitesi, metafore, prosopopee («Veste<br />

<strong>di</strong> fior la primavera i campi»). Striggio insiste sulle sofferenze sopportate da Orfeo «cui pur<br />

<strong>di</strong>anzi furon cibo i sospir, bevanda il pianto» e che ora «felice è tanto che nulla è più che da<br />

bramar gli avanzi». Il tono è tuttavia ottimista e positivo perché, come evoca l’immagine<br />

della primavera che succede all’inverno, dopo le sofferenze viene la felicità: la tematica<br />

cristiana della Passione salvatrice appare nuovamente in filigrana.<br />

Nel Choro, si può ammirare il lavoro <strong>di</strong> costruzione architettonica <strong>di</strong> Montever<strong>di</strong>. I<br />

do<strong>di</strong>ci versi scelti sono riorganizzati in due parti <strong>di</strong> lunghezza <strong>di</strong>seguale, <strong>di</strong> otto e quattro<br />

versi. la prima parte organizza gli otto versi in tre stanze irregolari (3, 3 poi 2 versi). La<br />

messa in musica è fatta con un certo detrimento del testo, perché queste tre strofe sono<br />

trattate con lo stesso numero <strong>di</strong> battute, e poggiano sulla stessa base del basso continuo,<br />

ripetuto identicamente in tre riprese, questo nonostante il numero variabile <strong>di</strong> versi.<br />

In più, le tre prime strofe del Choro non sono affatto affidate a un coro a cinque voci<br />

(come già fu il caso <strong>di</strong> «Vieni Imeneo» e «Lasciate i monti»), ma degli insiemi <strong>di</strong> Pastori e<br />

<strong>di</strong> Ninfe in una configurazione continuamente rinnovata. Numero <strong>di</strong> interpreti sono stati

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