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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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La presenza della Toccata all’inizio della partitura dell’Orfeo ricorda la <strong>di</strong>mensione<br />

politica <strong>di</strong> questa e<strong>di</strong>zione. Le insegne dei Gonzaga figuravano sul libretto stampato nel<br />

1607. La partitura si apre su delle «insegne sonore», la cui concezione fu senza dubbio<br />

anteriore all’arrivo <strong>di</strong> Montever<strong>di</strong> alla corte <strong>di</strong> Mantova.<br />

Questa funzione d’emblema musicale dei Gonzaga ci è confermata dalla ripresa <strong>di</strong><br />

questa Toccata all’inizio del celebre Vespro della Beata Vergine (in una versione a sei voci<br />

accompagnante la salmo<strong>di</strong>a vocale in falso bordone), composta durante il periodo mantovano<br />

e pubblicata nel 1610. Se la Toccata dell’Orfeo è annotata nel modo <strong>di</strong> Do autentico<br />

(ionico), il «Deus in adjutorium» del Vespro ce la presenta trasposta nella tonalità <strong>di</strong> Re.<br />

Infatti Montever<strong>di</strong> scrive in tutte le note nell’e<strong>di</strong>zione in parti separate del vespro quello<br />

che in<strong>di</strong>ca nell’e<strong>di</strong>zione in partitura dell’Orfeo in questi termini: «si fa un Tuono più alto,<br />

volendo sonar le trombe con le sor<strong>di</strong>ne». Questa trasposizione si spiega dunque con l’impiego<br />

<strong>di</strong> sor<strong>di</strong>ne che alzano la tessitura dello strumento <strong>di</strong> un intero tono.<br />

Il termine <strong>di</strong> Toccata può apparire ingannatore: si chiamano abitualmente così dei<br />

pezzi per tastiera, fatti per essere «toccati», in opposizione alla Sonata che è «suonata» da<br />

strumenti a fiati e ad arco.<br />

La denominazione <strong>di</strong> Toccata fu a più riprese utilizzata, alla fine del XVI e all’inizio del<br />

XVII secolo, per designare delle fanfare <strong>di</strong> trombe. I trattati <strong>di</strong> Cesare Ben<strong>di</strong>nelli (Tutti<br />

l’arte della Trombetta, ms., Vérone, 1614) e <strong>di</strong> Girolamo Fantini (Il modo per imparare a<br />

sonare la Tromba, Francfort, Daniel Vuastch, 1638) ci offrono molti chiarimenti sull’origine,<br />

la scrittura e la destinazione <strong>di</strong> un tale pezzo.<br />

Il trattato <strong>di</strong> Ben<strong>di</strong>nelli fa riferimento a delle pratiche e delle composizioni degli anni<br />

1580. È il primo a descrivere formalmente la scrittura per insieme <strong>di</strong> trombe e a proporre<br />

dei pezzi che esplorano il registro sovracuto dello strumento, denominato clarino.<br />

Fantini, che viene un po’ dopo, consacra 14 pagine sulle 80 della sua opera allo «stile<br />

delle antiche trombe» («dallo stile degli antichi Trombetti»), intende designare così la<br />

pratica della fine del Me<strong>di</strong>o Evo e del Rinascimento.<br />

Questo stile antico è ere<strong>di</strong>tato da una pratica improvvisata, che riposa sulla <strong>di</strong>stribuzione<br />

in <strong>di</strong>verse parti separate da <strong>di</strong>fferenti registri della tromba naturale. I cinque<br />

strumentisti che suonano cinque strumenti identici, ma ciascuno non suonava che una<br />

nota o solamente una parte delle sua tessitura. Questa ripartizione in funzione delle competenze<br />

tecniche del trombettista corrispondeva alla gerarchia dell’insieme: il maestro si<br />

attribuiva la parte del clarino mentre i suoi accoliti suonavano le altre parti.<br />

Fantini propone sette <strong>di</strong>visioni della tessitura della tromba naturale: sotto-basso, basso,<br />

vulgano, striano, toccata, quinta e il clarino. Si vede qui comparire la parola toccata che<br />

designa una parte dell’assieme, e che poco a poco darà il suo nome alla formazione tutta<br />

intera.<br />

Ben<strong>di</strong>nelli riporta che la maggior parte degli assiemi sono a cinque parti. La terminologia<br />

può variare da una fonte all’altra, ma quella proposta da Montever<strong>di</strong> nell’Orfeo<br />

è una della più usuali: basso fa sentire il suono fondamentale C (do), vulgano (vorgano,<br />

vurgano) propone il bordone G (sol), contralto e tenore (a volte denominato altro basso)<br />

suona tre note G, c e (sol, do, mi), quinta (toccata, sonata) ugualmente tre altre note e, g, cc<br />

(mi sol do) e il clarino utilizza l’ottava al <strong>di</strong> sopra del cc (do acuto). Implicitamente, questo<br />

sistema <strong>di</strong> scrittura non permette <strong>di</strong> esplorare che il solo modo <strong>di</strong> Do.

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