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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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56<br />

liberata dalle catene corporali.<br />

Questa Sinfonia che evocava i poteri magici della musica, ora marca la <strong>di</strong>scesa sulla<br />

terra <strong>di</strong> Apollo: per il tramite della Musica instrumentalis, la Musica mundana si ricongiunge<br />

alla Musica humana.<br />

Una <strong>di</strong>dascalia presenta l’unica menzione della scenografia della partitura: Apollo<br />

«descende in una nuvola cantando». Senza dubbio i creatori hanno pensato <strong>di</strong> rievocare<br />

qui la famosa mechane, che era uno dei due artifici conosciuti – assieme all’ecciclema – del<br />

teatro greco antico.<br />

Apollo appare dunque come un vero e proprio Deus ex machina. la parentela fra i due<br />

personaggi è evidente: tutti e due sono tenori che controllano i più <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> canto.<br />

Il loro <strong>di</strong>alogo è fin dall’inizio rappresentato da un sobrio e solenne stile recitativo, mentre<br />

il loro duetto reintroduce il cantar passeggiato <strong>di</strong> «Possente Spirto».<br />

L’aura musicale che avvolge Apollo è eminentemente religiosa, come mostra la scrittura<br />

modale senza ambiguità: re (dorico, primo tono liturgico) trasposto sul sol. Orfeo in<br />

un primo tempo evolve verso un altro contesto modale, pieno <strong>di</strong> <strong>di</strong>esis. Sembra tuttavia<br />

indeciso fra lo ionico e l’eolico. Dopo aver bestemmiato alla fine dell’atto IV°, ora sembra<br />

<strong>di</strong>ventato più rispettoso. Riconosce tutti i suoi peccati alla maniera <strong>di</strong> un confiteor: la presunzione,<br />

il desiderio impuro e il dubbio contrario alla fede («a <strong>di</strong>sperato fine […] m’havean<br />

condotto già sdegno ed Amore»).<br />

Quando egli accetta <strong>di</strong> ricongiungersi ai cieli al fianco <strong>di</strong> Apollo, allora padre e figlio<br />

si confondono nel modo dorico e nel cantar passeggiato. La mecchana allora si inalza:<br />

«Apollo e Orfeo ascendono al cielo cantando». La scrittura <strong>di</strong> questo duetto («saliam cantando<br />

al cielo») riveste un basso all’inizio statico che poi si anima a poco a poco, seguendo<br />

molto esattamente il proce<strong>di</strong>mento della prima invocazione <strong>di</strong> Orfeo a suo padre: «Rosa<br />

del Ciel» (atto I°). È un canto <strong>di</strong> vittoria: i due cantori esultano in un abbagliante cantar<br />

passeggiando tutto trilli e vocalizzi, prima alternati, poi simultanei, nei quali i melismi<br />

ascendenti fidurano il loro volo verso le sere più alte.<br />

CHORO/exodos<br />

Ritornello [10]: [A 5: sol 2, do 1, do 3, do 4, fa 4]<br />

Vanne Orfeo [A 5: sol 2, do 1, do 3, do 4, fa 4]<br />

Moresca: [A 5: sol 2, do 1, do 3, do 4, fa 4]<br />

Come ci annunciava la Tabella dei Personaggi, il coro finale fa riapparire i Pastori (e<br />

le Ninfe) che «hanno fatto la Moresca alla fine». Questa in<strong>di</strong>cazione al passato ci induce<br />

a pensare che questa Moresca fosse eseguita alla prime rappresentazioni del 1607. Essa<br />

sarebbe così l’unica vestigia del Baccanale soppresso nell’e<strong>di</strong>zione del 1609.

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