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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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Come sua ultima implorazione nella sesta stanza, Orfeo ricorre al canto più semplice,<br />

il cantar sodo. Ma il suo canto è aureolato dalla sua lira, figurato con le quattro parti degli<br />

archi che suonano accor<strong>di</strong> tenuti su valori lunghi, in modo <strong>di</strong> lira: «Furno sonate le altre<br />

parti da tre Viole da braccio, & un contrabasso da Viola tocchi pian piano.» Il canto si conclude<br />

con un ultimo ornamento (trillo) su «invan». Orfeo avrebbe già preso consapevolezza<br />

che, nonostante i suoi sforzi sovrumani, il suo canto non ha toccato il cuore <strong>di</strong> Caronte?<br />

Ben mi lusinga alquanto<br />

L’incantesimo magico non ha funzionato. Il Nocchiero non si è mosso <strong>di</strong> un <strong>di</strong>to, né è<br />

cambiato <strong>di</strong> uno iota: il suo intervento, che riprende pressoché esattamente le note del<br />

precedente, <strong>di</strong>mostra che non ha affatto ceduto al potere del cantore. Se egli riconosce la<br />

sua arte e confessa <strong>di</strong> essere stato «<strong>di</strong>lettato», spiega tuttavia le ragioni della sua inflessibilità:<br />

la pietà non deve toccare il suo cuore.<br />

Orfeo allora esplode in un intervento nel quale il compositore porta al parossismo il<br />

proce<strong>di</strong>mento che aveva sperimentato al momento della partenza della Speranza. Il canto<br />

d’Orfeo è <strong>di</strong> nuovo annientato dalla <strong>di</strong>sperazione: nessuna melo<strong>di</strong>a scaturisce dalla sua<br />

mente, i virtuosismi <strong>di</strong> «Possente Spirto» sono scomparsi. Egli si abbandona a un flusso<br />

continuo <strong>di</strong> parole, enunciate in valori ritmici molto brevi su delle «corde <strong>di</strong> recitazione».<br />

Scende così, nota dopo nota, un’ottava completa. Giunto al più profondo della sua <strong>di</strong>sperazione<br />

e della sua tessitura, dopo una cadenza sul re, Orfeo sembra riprendersi. Fa allora<br />

sentire una tripla invocazione (un riferimento al Kyrie?) estremamente patetica: «Rendetemi<br />

il mio ben». Un cromatismo ascendente sottolinea l’implorazione, ma questo sforzo<br />

<strong>di</strong>sperato è improvvisamente interrotto da una caduta <strong>di</strong> sesta (figura del saltus <strong>di</strong>urusculus:<br />

re-fa <strong>di</strong>esis)<br />

Sinfonia [4]: [A 5: do 3, do 4, do 4, do 4, fa 4]<br />

Questa Sinfo. si sono piano piano, con Viole da braccia, un Org. <strong>di</strong> leg. & un contra basse de<br />

Viola da gamba.<br />

La Sinfonia [4] riecheggia nuovamente: Orfeo usa questa volta un altro «incantesimo».<br />

Non ha potuto toccare il cuore <strong>di</strong> Caronte, gli chiuderà quin<strong>di</strong> gli occhi. La Sinfonia «magica»<br />

trattata da un nuovo ornamento strumentale: gli archi e l’organo <strong>di</strong> legno suonano il più<br />

dolcemente possibile, e invitano il Nocchiero al sonno. Così dopo il fallimento della Musica<br />

humana, è l’umile Musica instrumentalis che da sole riesce a rappacificare il suo furore.<br />

Qual è il senso verso del sonno <strong>di</strong> Caronte? Striggio fa senza dubbio riferimento<br />

ancora una volta al neoplatonismo, e più precisamente a Ficino. Occorre ricordate che per<br />

quest’ultimo il sonno è una delle sette specie <strong>di</strong> vacatio mentis, fenomeno grazia al quale<br />

l’anima si libera del suo aggancio corporale. Ficino ha trascritto nel XIII° libro della Theo-<br />

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