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COMMENTARIO MUSICALE DELL'ORFEO di Denis Morrier

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il fondatore dell’accademia fiorentina platonica.<br />

In una delle sue Épîtres del 1479, Ficino spiegava quale lettura cristiana gli occorreva<br />

fare degli inni orfici de<strong>di</strong>cati al sole: «Questo mistero orfico, se non vogliamo ammettere<br />

che sia vero, facciamo un po’ in modo come se lo fosse e consideriamo il sole del cielo<br />

come uno specchio del sole sopraceleste (Dio, n.d.r.) che ha messo il suo tabernacolo nel<br />

sole vero.»<br />

Allora si comprende: Apollo è lo specchio del Dio vero, e Orfeo è suo figlio, cioè una<br />

figura cristica. Nella sua Teologia platonica (XIII,2) lo stesso Ficino <strong>di</strong>ce: «Orfeo ha chiamato<br />

Apollo l’occhio vivente del cielo che possiede il sigillo che dà forma a tutte le cose del<br />

mondo». «Occhio vivente del cielo», cioè proprio quello che Striggio evoca per quel cielo<br />

che «il tutto circonda e’l tutto mira».<br />

In fine, bisogna ricordare che il Sole era anche l’emblema dell’Accademia degli Invaghiti,<br />

questo dotto cenacolo per il quale furono organizzate le prime rappresentazioni<br />

dell’Orfeo.<br />

Questa lunga mono<strong>di</strong>a è singolarmente in contrasto con le precedenti. Al fine <strong>di</strong> sottolineare<br />

il carattere sacro e venerabile del testo, Orfeo declama i primi quattro versi su<br />

un basso statico. Questo effetto ieratico è rotto da un brusco cambiamento del grado del<br />

basso (su «Dimmi») proprio quando il cantante abbandona il suo <strong>di</strong>scorso a carattere<br />

sacro per tornare alla narrazione della sua passione amorosa.<br />

Striggio, dopo avere evocato Ficino, va ora a parafrasare Petrarca, in particolare il<br />

suo celebre sonetto del Canzoniere «Benedetto sia il giorno», a partire da «Fu ben felice<br />

il giorno». Il librettista riprende testualmente l’inizio della poesia. Poi si de<strong>di</strong>ca a sottili<br />

giochi retorici attorno a dei «sospiri», figurati musicalmente da rotture melo<strong>di</strong>che (suspiratio)<br />

e delle sincopi, in forma <strong>di</strong> singhiozzi e <strong>di</strong> respirazione trattenuta.<br />

Questo primo intervento d’Orfeo si conclude con una nuova evocazione cosmologica<br />

con ricche figurazioni musicali. Il Cielo dagli occhi eterni, la terra piena <strong>di</strong> colline coperte<br />

<strong>di</strong> fronde. Orfeo, microcosmo che non ha che un cuore e una capigliatura, vorrebbe confondersi<br />

con tutto il Creato per poter esprimere il raggiungimento della sua felicità. Qui la<br />

Musica mundana e la Musica humana si ricongiungono nell’esaltazione del cantore, i cui<br />

traboccamenti <strong>di</strong> gioia sono meravigliosamente illustrati da una vera cascata melo<strong>di</strong>ca

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