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Acs 30 giorni - Consiglio Regionale dell'Umbria - Regione Umbria

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SANITÀ<br />

traddizioni di un sistema di potere, oliato per<br />

l'eccessivo esercizio, risultano ormai prossime all'esplosione.<br />

Lo sostiene Sandra Monacelli, capogruppo Udc<br />

a Palazzo Cesaroni osservando come, “le necessarie<br />

decisioni politiche, responsabilmente richieste<br />

alla Presidente Marini e da lei avviate, potrebbero<br />

sembrare di fatto appannate dalla 'marzulliana'<br />

richiesta di chiarimenti inviata alla direzione<br />

della Asl 3, che con un generico 'si faccia<br />

una domanda e si dia una risposta' dovrebbe fornire<br />

atti e spiegare circostanze, già peraltro al<br />

vaglio degli organi giudiziari e note per la loro<br />

diffusione sulla stampa”.<br />

La Monacelli fa riferimento alla “insormontabilità<br />

del muro di gomma, costituito dal contratto privatistico,<br />

blindato, in base al quale la dottoressa<br />

Rosignoli può rimanere ben salda nel suo ruolo,<br />

improvvidamente costruito ad arte, con una scadenza<br />

tanto lontana da preservare incertezze future<br />

ed oltrepassare, per la Presidente che lo siglava,<br />

il naturale termine della passata legislatura.<br />

È il colmo, o meglio una sorta di contrappasso,<br />

nel quale il potere rimane vittima del suo<br />

stesso ingranaggio”.<br />

Ma, a giudizio dell'esponente Udc, “lo stillicidio di<br />

notizie relative all'inchiesta, che raccontano fatti<br />

ed episodi, accrescono la consapevolezza di un<br />

ruolo politico non estraneo alle responsabilità del<br />

livello tecnico. Il coinvolgimento nell'inchiesta di<br />

pezzi da novanta dell'apparato politico, che ancora<br />

oggi ricoprono incarichi di primo piano nella<br />

Giunta umbra, getta ombre di credibilità sulla I-<br />

stituzione regionale che andrebbe invece preservata<br />

e tutelata”.<br />

La classe dirigente di questa <strong>Regione</strong> e la presidente<br />

Marini in primis, conclude Sandra Monacelli,<br />

“non possono tentennare in nome di nessun<br />

opportunismo di parte, o per eventuali sensi di<br />

gratitudine a chicchessia, sulla garanzia di trasparenza<br />

dovuta al cittadino, a servizio del quale<br />

l'intero sistema è stato pensato”.<br />

“IN UMBRIA TICKET SANITARI PER UNDICI<br />

MILIONI ANNUI SUL CETO MEDIO” - PER<br />

BRUTTI (IDV) “SI È SCELTA LA VIA PIÙ FA-<br />

CILE E INGIUSTA”.<br />

Perugia, 13 settembre 2011 – “Undici milioni di<br />

euro l'anno, per lo più a carico del ceto medio.<br />

Magari, detta così, suona diversa e qualcuno si<br />

sveglia”.<br />

Così Paolo Brutti, consigliere regionale dell'Italia<br />

dei Valori, dopo la audizione dell'assessore alla<br />

sanità Franco Tomassoni in terza Commissione,<br />

critica la scelta fatta dalla Giunta parlando di<br />

approccio diretto con le cifre nella battaglia contro<br />

i ticket sanitari. A suo giudizio,”si è scelta la<br />

via più facile e più ingiusta. Continuiamo a ripetere<br />

che è profondamente sbagliato trasferire sui<br />

cittadini le inique manovre del Governo e che<br />

andava fatto il possibile per scaricare parte dei<br />

tagli sulla pesante macchina burocratica che<br />

amministra la nostra sanità. Undici milioni di prelievo<br />

sono tantissimi - prosegue Brutti -, anche<br />

perché vanno a gravare per lo più su un ceto<br />

medio fortemente vessato. Con i ricchi che scelgono<br />

le cliniche private, con gli evasori che in<br />

virtù del basso reddito sono esenti dal ticket, con<br />

il complice silenzio del centrodestra, ben lieto di<br />

sfilare ai cittadini umbri un mucchio di soldi a sostegno<br />

della manovra Berlusconi: alla fine pagano<br />

solo le persone per bene. Che da oggi hanno<br />

un motivo in più per stare male”.<br />

PILLOLA RU486: “NEL CASO DI COMPLICA-<br />

ZIONI FUORI DALL’OSPEDALE, SE LA DON-<br />

NA FA CAUSA E CHIEDE I DANNI, A PAGARE<br />

SAREBBE IL MEDICO O LA REGIONE?” – IN-<br />

TERROGAZIONE DI ROSI (PDL)<br />

Perugia, 14 settembre 2011 – Il consigliere regionale<br />

Maria Rosi (Pdl) ha inoltrato<br />

un’interrogazione urgente alla Giunta inerente la<br />

somministrazione della pillola abortive RU 486 in<br />

regime di day hospital, con la quale chiede spiegazioni<br />

sulle responsabilità nei casi di complicazioni<br />

successive, al di fuori dell’ospedale, “contravvenendo<br />

alla legge 194 e nei casi in cui la<br />

donna decida di fare causa e chieda il risarcimento<br />

dei danni”.<br />

“I tre pareri del <strong>Consiglio</strong> superiore di Sanità relativi<br />

alla somministrazione della pillola RU486 –<br />

spiega Rosi – sono orientati tutti per il ricovero<br />

ospedaliero e non per il day hospital che invece<br />

la <strong>Regione</strong> <strong>Umbria</strong> ha adottato non ritenendo valide<br />

le linee guida ministeriali, mentre la commissione<br />

tecnica che ha redatto le linee guida<br />

per la somministrazione della pillola abortiva non<br />

ha riportato in maniera chiara l’incidenza della<br />

mortalità riferite ad aborto medico e chirurgico,<br />

paragonandole, quasi omettendo che nei casi di<br />

aborto medico è maggiore di molto di quella per<br />

aborto chirurgico. Inoltre – continua - non sono<br />

stati resi noti i curricula scientifici e professionali<br />

dei partecipanti alla commissione tecnica, il che<br />

lascerebbe capire che non volevano essere messi<br />

a confronto con quelli degli esperti del <strong>Consiglio</strong><br />

superiore della Sanità”.<br />

Nell’atto ispettivo, Rosi fa anche notare che la<br />

“Food and drug administration” ha di recente aggiornato<br />

il sito dove sono riportati i dati sulla<br />

mortalità, e “la Giunta – sostiene – non li ha<br />

nemmeno presi in considerazione per il consenso<br />

informato”.<br />

“L’aborto farmacologico – spiega - viene usato<br />

dopo i novanta <strong>giorni</strong> e consiste nel processo<br />

che va dall'assunzione delle prostaglandine, il<br />

farmaco che induce le contrazioni, fino all'espulsione<br />

del feto. In quel caso, a nessuno viene in<br />

mente di suggerire alle donne di dimettersi dall'ospedale<br />

e tornare, eventualmente, se ne hanno<br />

bisogno. La definizione di aborto farmacologico<br />

con la RU486 non può essere diversa, perciò<br />

– conclude – chiedo alla Giunta regionale: chi<br />

paga nel caso in cui l'aborto avviene al di fuori<br />

dell'ospedale, contravvenendo alla legge 194, e<br />

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