SCIPIONE GUARRACINO, Le etÃ della Storia. I concetti di Antico ...

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progresso materiale degli ultimi quattro secoli» e che bisogna saper risalire «oltre i trionfi superficiali della civiltà moderna» (p. 334), trattò il periodo V-XI secolo e dette un'importanza cruciale alla formazione della cristianità occidentale L. Febvre, L'Europa. Storia di una Civiltà (1944.45), Donzelli, Roma 1999, dedicò gran parte del suo corso universitario rimasto a lungo inedito al tema "l'Europa sorge quando l'impero romano crolla", R.S. Lopez, La nascita dell'Europa. Secoli V-XIV, Einaudi, Torino 1966 (citazione da p. 107) portò la sua esposizione fino al principio del XIV secolo. Alla questione Nascita dell'Europa ed Europa carolingia: una equazione da verificare è stata dedicata la XXVII settimana di studi del Centro italiano sull'alto Medioevo, Spoleto 1981. R. Fossier, Enfance de l'Europe, Puf, Paris 1982, che concorda con Lopez nel negare a Carlo Magno il ruolo di "padre dell'Europa", si concentra sui secoli X-XII. M. Banniard, La genesi culturale dell'Europa (1989), Laterza, Roma-Bari 1994, pone l'oggetto specifico della sua indagine nel periodo compreso fra il 400 e l'800, a cavallo fra la Tarda antichità e l'alto Medioevo. J. Le Goff è intervenuto due volte sul tema, con L'Europa medievale e il mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1994 e Il Medio Evo. Alle origini dell'identità europea, Laterza, Roma-Bari 1996. La storia del termine "Europa", da espressione puramente geografica a nome di una peculiare civiltà, è stata oggetto di una serie di opere che mantengono la loro importanza anche al di fuori del particolare momento in cui furono scritte, i dibattiti europeisti all'indomani della Seconda guerra mondiale: F. Chabod, Storia dell' idea d'Europa, Laterza, Bari 1961; C. Curcio, Europa, storia di un'idea, Vallecchi, Firenze 1958; D. Hay, Europe, the Emergence of an Idea, Edinburgh University Press, 1957, 1968; J.B. Duroselle, L'idea d'Europa nella storia, Milano Nuova, Milano 1964. Sul rapporto fra nazioni medievali e nazioni moderne, si vedano K.F. Werner, Les nations et le sentiment national dans l'Europe médiévale, in "Revue Historique", 1970, t. 244, pp. 285-304 e S. Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli; etnie e regni fra Antichità e Medioevo, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997, il lavoro di Y. Renouard ricordato nel testo è 1212-1216. Comment les traits durables de l'Europe occidentale moderne se soni définis au début du XIII siècle (1958), in Id., Etudes d'histoire médiévale, Sevpen, Paris 1968, vol. I, pp. 77-91. 3.5 Il lunghissimo Medioevo: il concetto di Ancien Régime Quando finisce il Medioevo Presa alla lettera e nella sua forma più generale, la domanda non ha alcun senso. Riusciamo a dargliene uno se abbandoniamo la vaga idea di età di mezzo e leghiamo il termine "medioevo" solo a processi storici deteminati avvenuti a partire dal X secolo, come la conquista del territorio rurale, la crescita demografica, urbana, economica, e a determinati caratteri culturali, sociali, politici. Di questa ben individuata realtà storica, l'Europa medievale, possiamo dire che cominciò a volgere al tramonto quando ancora era intenta a progettare un futuro ottimista e grandioso. 20
Alcuni esempi che spesso vengono ricordati non possono fare a meno di impressionare. Vediamo per primo quello di Firenze. Nel 1284, supponendo che il grande sviluppo economico e demografico della città fosse destinato a continuare, le autorità comunali ordinarono la costruzione di una nuova cerchia muraria, che portò la superficie urbana da 97 ettari (ai quali vanno però aggiunti i numerosi borghi sorti fuori delle vecchie mura) a 630 ettari. I lavori furono completati nel 1333, quando Firenze doveva contare circa 100mila abitanti, ma la più ampia superficie restò totalmente non edificata e occupata solo da orti e giardini; dopo essere stata dimezzata dalla peste del 1348, la popolazione oscillò per quattro o cinque secoli fra le 40 e le 80mila unità e il livello del 1330 fu superato solo dopo il 1830. Un secondo esempio è quello di Siena al principio del Trecento. Negli anni trenta il governo comunale commissionò ad Ambrogio Lorenzetti l'esecuzione del celebre affresco sugli Effetti del buon governo, che mostrava fra l'altro i segni della vitalità edilizia della città. Allo stesso tempo il comune decise di intervenire ancora sul duomo, che era appena stato soggetto ai lavori di ampliamento conclusi a fine Duecento con la costruzione. della facciata; la vecchia cattedrale sarebbe ora diventata solo il transetto di una assai più grande. Ma anche in questo caso l'immagine del futuro si rivelò ingannatrice; la prima fase del progetto, la ristrutturazione della piazza, dovette essere abbandonata nel giro di pochi anni. Sull'orizzonte del breve periodo, in entrambi i casi gli insuccessi sono da ricondurre agli effetti della peste del 1348. Ma a sua volta la peste è un aspetto della "crisi generale" del Trecento, cominciata già prima del 1348 e proseguita oltre i termini cronologici del secolo, fino alla metà del Quattrocento e oltre. Preso nel suo insieme il periodo 1300-1450 o anche 1300-1500, il "basso Medioevo" delle periodizzazioni triadiche dell'intero Medioevo, si presenta come una sorta di terzo e ultimo tempo rispetto alla ricerca di un "nuovo inizio" del VII-X secolo e alla vera e propria civiltà medievale del X-XIV secolo. Questo basso Medioevo appare inoltre come un "autunno", un periodo che si dilunga così interminabilmente da assumere quasi caratteri propri: nella prospettiva dell'analisi culturale di Johann Huizinga, «il sogno di una vita più bella» che deve coprire «i toni crudi della vita». Le carestie, la peste e le guerre riassumono i bene i "toni crudi" dell'epoca. A essi dobbiamo aggiungere i disordini sociali nelle campagne e nelle città e la diffusione di movimenti di panico e angoscia collettiva. Fra questi aspetti esistono sicuramente concreti rapporti, così da fame un sistema unitario della catastrofe, ma non fino al punto da far scomparire la loro specificità. La peste fu un fenomeno esogeno alla storia dell'Europa e quasi alla storia come tale. li sistema pulce-bacillo della peste, che si installò fra i roditori delle steppe centroasiatiche e coinvolse la storia umana solo accessoriamente, divenne endemico in alcuni climi asiatici ma non in Europa, dove ogni epidemia dovette essere reimportata dall'Oriente. In secondo luogo il grado di letalità della peste è del tutto indipendente dalle condizioni delle società nelle quali viene a imbattersi; se l'epidemia fosse comparsa nel pieno del più felice secolo XIII non avrebbe avuto effetti molto meno funesti. Diverso è invece il discorso che si deve fare per le carestie, che non sono riconducibili solo al fattore, ugualmente esogeno, del peggioramento climatico 21
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