neostestamentario è l'entità storica, culturale e umana costituita dalle persone che si allontanano da Dioe dalla luce.La lettera di S. Giacomo collega la fede alla necessità della prova che la conferma. Perciò, nelpresentare la fede, indica una prospettiva teologica complementare a quella paolina, ricordando chel'unione tra fede, obbedienza e pratica dei comandamenti è <strong>fondamentale</strong>, in quanto la fede, intesacome sola fiducia e confessione, non è in grado di salvare. Solo l'obbedienza e le opere la rendonocompleta e perfetta (2,2). La caratteristica degli avversari di Gesù non è di attaccare la fede, ma disottrarsi all'obbedienza 15 . Giacomo descrive come opere della fede, quelle che Paolo chiama operedella carità (Gal 5,6). Esse sono le opere praticate quotidianamente nella vita dei cristiani (Gc 2,14-26), senza le quali la fede è morta (2,17). Fra esse emergono: pazienza (1,3), amore del prossimo(2,15-17), ospitalità (2,25), preghiera (1,6; 5,15), pietà profonda (1,27; 2,22) 16 .5. S. Giovanni: fede, verità, vita eternaGiovanni sottolinea, soprattutto, i legami semitici di fede e fedeltà; unità di credere e conoscere;unità di credere e vivere. Egli parla della stessa fede dei Sinottici, ma la centra in Gesù e nella suagloria divina. Per lui, solo la fede che accoglie la testimonianza conosce. Inoltre, sviluppa i temi delnon vedere e credere (Gv 20,29) e non vedere e amare 17 . Credere in Dio e Gesù è la stessa cosa(12,44; 14,1), perché Gesù e il Padre sono Uno (10,30; 17,21) e questa stessa unità è oggetto di fede.Credere è ascoltare Cristo, (Gv 5,24-28), venire a Lui (5,40), accoglierlo (1,12; 5,43) e amarlo (8,42;14; 16,17). L'itinerario della fede si snoda attraverso i passi, che vanno da una testimonianza esteriore,come un miracolo o la parola, all'incontro personale con Cristo. Incontratolo ci si prostra a lui, che è ilrivelatore della santità, della gloria e della verità del Padre. È veramente beato chi crede in lui senzaaver visto. Questa è l'essenza della fede (20,29; cf. 4,48), la cui efficacia è immensa e porta bellissimeconseguenze. Infatti, per chi crede, la vita eterna è già iniziata fin d'ora (3,14 - 21 5,24), poiché credenel Padre (12,44), è già passato dalla morte alla vita (5,24), è già risuscitato (11,25), cammina nellaluce (12,46) possiede la vita eterna (3,16. 36; 6,46-58; 20,51;1 Gv 3,13) e non verrà giudicato (3,18).Al contrario, chi non crede è già condannato. Tutto ciò avviene perché credere è non solo conoscere,ma soprattutto venire immersi nella comunione di vita, che intercorre tra Cristo e il Padre, descritta daGesù nella sua preghiera sacerdotale (17, 1-25) 18 .Ma il credente è pure sottoposto alle tensioni del mondo, perché se ne è staccato per adempiere lavolontà di Dio. Egli, unito al Cristo e, per lui, al Padre e allo Spirito, vive nel mondo (13,1; 17,11;1Gv. 4,17), senza essere del mondo (15,19; 17). La sua fede, che si mostra nei comandamenti (15,10)e soprattutto, nell'amore a Dio e al prossimo (Gv. 13,34; 15,12; 1Gv. 2,7; 4,21), vince il mondo (1Gv.5,4). In questo modo, il mondo può riconoscere i veri discepoli di Cristo (cristiani) dal loro reciprocoamore (13,55). Credere che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, fa diventare figli di Dio (1,9-14; 20,31)ed esige una vita senza peccato (3,9), vissuta nell'amore fraterno (4,10; 5,1-5). Infine, nell'Apocalisse,la fede è pure fedeltà fino alla morte (Ap 13,10). È lo stesso Cristo a proclamarlo, dallo splendore delsuo Regno, accanto al trono del Padre. Colui che fu morto ed ora è vivo per tutti i secoli (Ap 1,18), conuna lotta grandiosa e vittoriosa stabilisce irresistibilmente il suo Regno (Ap 19,11-16; At 4,24-30),mediante la fede invitta e la testimonianza della vita dei suoi fedeli. La fede è la vittoria che trionfa sulmondo, anche se a prezzo del sangue dei testimoni [martiri] (Ap 5,4). Essa terminerà con Dio tutto intutti, quando anche noi lo vedremo proprio come è (1Gv 3,2) 19 .Concludendo, la fede è in grado di esprimere anche quello che otterrà, solo se rimane in strettarelazione col Vangelo e la parola di Dio. Perciò, le due classi di atti e concetti confluiscono nell'unicoatto e concetto di fede del credente, che: considera veri i fatti riferiti a Dio e a Gesù, suo Cristo e15 DCBNT, 636.16 DTBB, 526.17 DCBNT, 634-635.18 DTBB, 527-531.19 DTBD, 388-390.22
Figlio Unigenito e vi vede una prova del dono di grazia del Padre, al quale si abbandona,cambiando radicalmente e continuamente il proprio pensiero e la propria vita. Questa fede èsempre legata a un qui e ora, ossia a una realtà ambientale storico-culturale, concreta e visibile e a unnon ancora, ossia a una realtà futura, certa, invisibile, collegata alla promessa della salvezzaescatologica, che esige una vita sobria, vigilante e operosa, nell'attesa 20 .6. L'interpretazione bultmannianaPresentiamo qui anche alcune linee della voce "fede" del Grande Lessico del Nuovo Testamento,affidata a R. Bultmann (1884-1976), teologo protestante tedesco, esegeta, storico del cristianesimoprimitivo, allievo di J. Weiss, H. Gunkel, e W. Herrmann. Egli ereditò, dal protestantesimo liberale,l'esigenza di conciliare i risultati della ricerca esegetica con l'elaborazione di posizioni più speculativee sistematiche. Dapprima si avvicinò alla teologia dialettica di K. Barth e F. Gogarten 21 , poi se nestaccò per seguire le idee di M. Heidegger. Ideò la teoria della demitizzazione che lo rese famoso.Secondo questa, il messaggio cristiano va reinterpretato, liberandolo dal rivestimento mitico ericonducendolo al suo contenuto autentico di annunzio o kerygma. Egli basò questa operazione sullafilosofia heideggeriana.6.1. Questioni critiche: presupposti e metodoEgli partì dall'idea che l'esistenza umana, avvolta dall'angoscia, rischia di perdersi nell'anonimato.Per salvarsi deve aprirsi all'esistenza autentica, che si affaccia sul futuro. Solo in questa è possibilel'evento salvifico, ossia l'inserimento del processo di salvezza nella storia. Esso si realizza con ladecisione a cui Gesù chiama l'uomo. In Gesù è presente Dio salvatore, benché il messaggio evangelicoavvolga il fatto della croce in un quadro mitologico 22 . Per Bultmann, il mito è il racconto di episodi oavvenimenti in cui intervengono forze soprannaturali o personaggi sovrumani. Il kerygma, annunzio omessaggio cristiano è sempre valido ma, per ritrovare la sua autenticità, deve essere spogliato dellerappresentazioni e figure mitologiche (Entmythologisierung 1941). La sua proposta suscitò un vastodibattito filosofico, teologico ed esegetico. Ma, poi, K. Kerényi dimostrò l'impossibilità di unademitizzazione assoluta e la legittimità di una relativa, perché i miti nel loro significato primigeniosono una maniera insostituibile di coprire l'area dell'intenzionalità, in modo indiretto, ma irriducibile eirrinunciabile 23 . Cassirer mostrò la funzione mitogenica come insuperabile forme simbolica dellospirito: "positiva forza del raffigurare e immaginare" e non "malattia" 24 . Tuttavia, l'attenzione si spostògradualmente sul concetto di simbolo, che pur avendo struttura analoga al mito, non è appesantito daisignificati negativi, che illuminismo settecentesco e positivismo ottocentesco attribuironoerroneamente al mito.Barth respinse la teoria di Bultmann, perché pretendeva di giudicare la parola di Dio in base adiscutibili presupposti filosofici. Altri notarono che essa conduceva la critica e la parola rivelata in unambito soggettivo, solipsista e attualista 25 . In più vi era il rischio di destoricizzare, portando tutto nella20 DCBNT, 636-637.21 "Crisi" (teologia della), in ECG, 184; teologia dialettica o della crisi fu il movimento suscitato daK. Barth nel suo Commento alla lettera ai Romani (1919). Essa rimproverò alla teologia liberale diaver trattato non di Dio ma dell'uomo e il suo predominante interesse storiografico. Perciò relativizzò idati della ricerca storica e scientifica, che non può accedere al cristianesimo non soggetto alle leggistoriche. Ispirati a Kierkegaard, trattarono di Dio, Cristo, rivelazione. Ma di Dio non si ha alcunaconoscenza diretta. Dio mette in discussione l'uomo, dialetticamente, perché non lo sostituisce, marecupera e giustifica. Tale giustificazione non è un mutamento nell'al di qua, ma solo nell'al di là delgiudizio di Dio. L'identità fra uomo peccatore e dell'al di là è accessibile solo nella fede.22 "Bultmann", ECG, 114.23 K. Kerényi, "Thèos e mythos", in Il problema della demitizzazione, Padova 1961, 43.24 E. Cassirer, Linguaggio e mito. Contributo al problema del nome degli dèi, Milano 1959, 14.25 H. Fries, Kerygma und Mythos, V, Hamburg 19955, 38.23
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