5. LA FEDE NELLA CHIESA LUNGO I SECOLIDopo aver considerato realtà e concetto della fede nell'Antico e Nuovo Testamento, esaminiamoora, brevemente, come furono sviluppati, nelle varie epoche della vita e storia della Chiesa. Cisoffermeremo solo sulle caratteristiche salienti dei grandi periodi e dei loro rappresentanti, che sidistinsero per santità e profondità di dottrina.1. Periodo pre-agostinianoNel periodo precedente ad Agostino, la riflessione teologica, collegandosi agli scritti del NuovoTestamento e dei Padri apostolici, pose l'accento sulla <strong>fondamentale</strong> importanza salvifica della fede.L'interesse si concentrava più sul contenuto del messaggio e le sue fonti, che sulla struttura dell'atto difede. La fede era fissata nella sua "regola" (regula fidei) e tramandata: "se sei cristiano credi a ciò cheè stato tramandato" 1 . I Padri erano persone colte, bene introdotte nel pensiero filosofico e dovevanodisputare sulla fede con i filosofi e le obiezioni e critiche da loro sollevate. Per questo dovetterotrattare molto il confronto fra fede e filosofia. Inoltre, per invogliare alla fede i dotti dell'epoca,sottolinearono che proprio la fede cristiana dà accesso alla vera filosofia e vera dottrina. Oltre aquesto, in senso più generale, si può parlare di serrato confronto fra fede e ragione, fra cristianesimo ecultura greca. S. Giustino propose con vigore la sua teoria sull'intrinseca e superiore razionalità delcristianesimo, in quanto Cristo venne pensato come vera ragione (Logos, Verbum). Se Cristo era ilLogos supremo, il cristianesimo non poteva essere la mortificazione, bensì la pienezza della ragione.Clemente Alessandrino, per indicare la dottrina su Dio e sull'uomo in rapporto a Dio, usava addiritturai termini di "sapienza" e "filosofia". Egli chiamava "barbara" anche la sapienza cristiana, di fronte alla"nuda e sola fede". Voleva perciò una dottrina centrata nella persona di Cristo e un insegnamento dellafede preparato, difeso e chiarito dalla ragione e dalla filosofia 2 .Anche in Origene emerse la coscienza della simbiosi operativa di fede e ragione, che fondò lagrande fioritura speculativa, che raggiunse poi i suoi vertici con i Cappadoci, in Oriente, e conAgostino, in Occidente 3 . Tale dottrina spingeva a presentare la fede, non solo come perfezione dellaconoscenza, ma anche come orientamento della vita pratica e delle azioni, fondando l'impegno etico.Si sottolineavano molto le qualità morali e spirituali del soggetto, come le buone disposizionidell'anima, l'obbedienza, la pazienza, la disponibilità alla comprensione razionale. Solo esse,soprattutto la disponibilità e obbedienza, spianano la via alla comprensione razionale. Si vedeva lafede, quindi, come un orientamento alla salvezza, che anticipa ciò che potrà essere conosciuto meglio,in un grado più avanzato (Clemente di Alessandria, Origene). Poiché nella cultura del tempo si davamolta importanza alle "prove" di ogni affermazione e argomento, per la fede avevano grande valore leprofezie. Esse erano "prove" delle promesse divine, che ora erano giunte al loro compimento. Invece,in un mondo e in culture in cui i racconti di miracoli abbondavano, l'importanza attribuita ai miracoliera assai minore. Comunque, in senso più generale, era vivo l'interesse rivolto sia al messaggio chealle sue fonti 4 .2. AgostinoIl rapporto fra fede e ragione fu uno dei problemi più vivi in S. Agostino, che gli diede unasoluzione dialettica molto equilibrata. La doppia forma "intellige ut credas, crede ut intelligas" 5stabiliva il ruolo e il valore che spettano sia alla ragione che alla fede. La prima compie lapreparazione razionale, già intenzionata e orientata, la seconda apporta un patrimonio di verità, che1 Tertulliano, De carne Christi, 2.2 Stromata, I, 1-2; 9-10; 20; VI, 10.3 "<strong>Teologia</strong>", Dizionario delle idee, 1186-1187.4 M. Seckler, C. Berchtold "Fede", Enciclopedia Teologica (ET), Brescia 1989, 359.5 Serm. 43, 7, 9; Epist, 120, 1, 3.
isogna accettare per possederlo, ma che rimane sempre proteso alla chiarificazione: "fides quaerit,intellectus invenit". Di qui muoveva quella ricerca speculativa che è la teologia 6 . Ad Agostino, giuntoalla fede dopo un prolungato travaglio morale e intellettuale, il cristianesimo apparve essenzialmentecome fede. Avendo prima aderito alle idee manichee, ora difendeva e spiegava l'autorità della fede, difronte a ogni pretesa manichea (razionale) di rappresentare la ratio. Riconobbe che la fede e il crederesono inferiori, in senso generale, alla conoscenza della ragione e dell'intelligenza. Tuttavia, laconoscenza della verità manifestata nella storia è possibile solo al credere. Il credere, quindi, è assaipiù della credulitas e del semplice opinari 7 . Esso si basa sulle profezie, le promesse realizzate e imiracoli verificati. Soprattutto, in conformità alla sua impostazione filosofica, Agostino metteva inprimo piano il movimento interiore della volontà e l'illuminazione interiore dello Spirito Santo. Unposto importante era pure dato all'autorità della Chiesa: "non crederei al vangelo, se non mi cispingesse l'autorità della Chiesa cattolica" 8 . Tale fede è aperta alla possibile comprensione, medianteun processo dialettico che va dalla fede alla conoscenza, rimanendo legato alla fede: "comprendi percredere e credi per comprendere" 9 .La fede, quindi, non è una situazione statica, che consiste nel ritenere per vere certe cose. Essa è unmovimento dinamico, in cui la persona si abbandona, con disponibilità, alla causa della fede, al di làdelle sue rappresentazioni temporali. La fede è l'inizio della salvezza, non come puro assenso allaverità ma, assai più, come atteggiamento totale di conversione, legato all'amore: "nella fede amare,nella fede apprezzare, mediante la fede entrare in lui, essere incorporato nelle sue membra" 10 .Agostino non attuò un'analisi speculativa generale e sistematica sull'atto di fede, ma lasciò una grandequantità di osservazioni, importanti per la successiva riflessione. A lui si deve, invece, la distinzionediventata poi <strong>fondamentale</strong>, fra fides quae od oggettiva (fede come contenuto) e fides qua o soggettiva(libero assenso del credente) 11 . Nell'insieme, la sua dottrina esercitò notevole influenza su tutte leepoche successive 12 .3. MedioevoLa scolastica segnò una svolta decisiva verso l'interpretazione psicologica e speculativa delle Fede.Nei primi tempi la riflessione si orientava, prevalentemente, verso le sentenze e le autoritàpatristiche 13 . Con la scoperta degli scritti di Aristotele, però, la problematica mutò. Anselmo diCanterbury seguiva ancora la linea agostiniana del "fides quaerens intellectum", ma voleva chiarire ilcontenuto della fede mediante la ragione. Perciò cercò di chiarirne i contenuti e di trovarne i motivi diragione. Abelardo e Ugo di S. Vittore indicavano i problemi in termini di: fede-conoscenza, fedevolontà.La fede rimaneva una partecipazione, per grazia, alla conoscenza di Dio, ma se nesottolineava pure la possibilità di guidare l'uomo alla realizzazione di sé, mediante la guida etica eontica dell'intenzione degli atti umani. Questi problemi e questo tipo di riflessione portaronogradualmente il piano conoscitivo (noetico) a prevalere su quello salvifico (soteriologico). La fede,inserita nella scala aristotelica degli assensi, venne esposta al pericolo di commistioni eterogenee. Allasecolarizzazione del sapere e all'autonomia delle filosofia, si oppose fortemente la teologia monasticae, in particolare, francescana con S. Bonaventura. Essa sosteneva una teologia della fede alimentata6 De Trin., 1, XV, c. 2, n. 2.7 S. Agostino, De utilitate credendi, 22, 25.8 C. epist. Fund., 5,6.9 Ep. 120.10 Tract. Io. Ev., 29.11 De Trin., 13,2.12 ET, 359-360.13 Sententiae e autoritates erano le affermazioni e i commenti dei diversi Padri a singoli passi dellaScrittura, in seguito raccolte in libri detti catenae, che venivano commentate e confrontatenell'insegnamento teologico.28
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