FuoriAsse #22
Officina della cultura
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©Brett Walker<br />
perché ogni livello contiene quello precedente,<br />
in un movimento tridimensionale<br />
a spirale, concentrico più che bidimensionale,<br />
dove quando siamo bambini<br />
siamo anche neonati, e quando siamo<br />
adolescenti siamo anche bambini e neonati,<br />
e quando siamo adulti, eccetera<br />
eccetera. A ogni stato di sviluppo noi<br />
manteniamo anche i nostri Sé precedenti,<br />
integrati in un nuovo assetto, in<br />
strutture più solide, e dunque di fatto<br />
siamo anche quello che siamo già stati.<br />
Soprattutto quando c’è qualcosa di irrisolto,<br />
qualcosa di traumatico che il nostro<br />
apparato mentale non è riuscito<br />
a digerire, non è riuscito ad assimilare<br />
in una forma comprensibile e tollerabile.<br />
I bambini della Casa sono allora protesi<br />
naturalmente al fuori, che significa necessaria<br />
spinta alla crescita, ma una<br />
volta adolescenti, durante gli anni della<br />
rivolta, tornano a rivolgersi al Sé bambino.<br />
Il problema è che non lo sanno,<br />
non riconoscono come proprio questo<br />
movimento naturale, non comprendono<br />
che stanno cercando qualcosa che dia<br />
senso anche al loro passato. Sarà Dino,<br />
nella terza e ultima parte, a capirlo, a<br />
FUOR ASSE 105<br />
comprendere che per tutta la vita sono<br />
stati alla ricerca di qualcosa che è mancato<br />
loro, ma che allo stesso tempo è<br />
stato presente fin da quando erano nella<br />
Casa. Allora il cerchio si chiude, Dino<br />
torna dove tutto ha avuto inizio, e là<br />
comprende che ciò di cui avevano bisogno<br />
era la presenza di un nido, di una<br />
famiglia che sapesse accoglierti e amarti,<br />
quella stessa famiglia che lui ha poi<br />
cercato per molti anni, equilibrista sospeso<br />
al filo nel circo, e che invece era<br />
già presente nel legame di amicizia e<br />
amore di loro bambini.<br />
CA - Luoghi e memoria. Un luogo e un<br />
tempo non precisati, seppure ci siano<br />
degli indizi che rimandano al ’900.<br />
Perché?<br />
MC - I personaggi di questo romanzo<br />
vivono in uno spazio-tempo che ha<br />
l’ambizione di essere ogni spazio e ogni<br />
tempo, uno spazio e un tempo tipici dell’umanità.<br />
Non mi piace saturare le storie<br />
intrappolandole dentro recinti predefiniti,<br />
mi piace pensare che sia possibile<br />
raccontare qualcosa che sia tipicamente<br />
umano, e che si ripeta nelle vite indipendentemente<br />
dal luogo, dal tempo e<br />
dai modi in cui si manifesta. Andare al<br />
la ricerca di quegli ingredienti, o pre<br />
-concezioni, o archetipi – le definizioni<br />
sono molteplici –, tipicamente umani e<br />
che mutano forma a seconda di quale<br />
realtà esterna incontrano all’atto del<br />
loro manifestarsi.<br />
Intenzionalmente dunque ho deciso di<br />
non collocare la vicenda in un luogo e in<br />
un tempo definiti, riconducibili a qualche<br />
preciso evento storico. Sebbene poi<br />
alcuni recensori abbiano proiettato su<br />
questo spazio-tempo neutro le loro memorie,<br />
le loro conoscenze e lo abbiano<br />
ricondotto agli anni novanta delle guerre<br />
balcaniche, o agli anni quaranta della<br />
seconda guerra mondiale.<br />
Penso per esempio al ruolo della fuga,<br />
di cui abbiamo discusso nella prima<br />
Le recensioni di<br />
Cooperativa Letteraria