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Spunti di critica
Fotografica
A cura di
Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli
Pepi Merisio
Scomparso lo scorso
febbraio a novant’anni,
ha immortalato l’Italia
cattolica e contadina
di Nicola Crisci / foto
Pepi Merisio
Nato a Caravaggio nel 1931 e morto
a Bergamo lo scorso 3 febbraio,
Pepi Merisio inizia ad occuparsi di
fotografia come autodidatta nel 1947 e diventa
un protagonista del mondo amatoriale
degli anni Cinquanta. Nel 1956 inizia a
collaborare con il Touring Club Italiano e con le riviste Camera,
Réalité, Photo, Maxima, Pirelli Look, Famiglia Cristiana, Stern e
Paris Match. Nel 1962 diventa fotografo professionista e poco
dopo realizza il suo primo racconto per immagini intitolato In
morte dello zio Angelo. Questo servizio rappresenta una svolta
nella carriera del fotografo bergamasco che documenta il funerale
dello zio come in un “photo essay” (saggio fotografico)
all’americana. Intanto, inizia a collaborare con la rivista Epoca
e nel 1964 pubblica Una giornata col Papa al quale seguiranno
poi più di cento altri libri fotografici. Ottiene prestigiosi riconoscimenti
in Italia e all’estero, tra i quali il New talent of Popular
photography a New York nel 1963, ed espone con mostre personali
presso i principali musei e in molte gallerie del mondo.
Nel 1979 esegue per la Polaroid un servizio in bianco e nero attualmente
conservato a Boston presso la Collection Polaroid International.
Nel 1980, la rivista Progresso Fotografico gli dedica
un numero monografico, mentre l’Editoriale Fabbri lo inserisce
nella collana I grandi fotografi. Nel suo lavoro l’urgenza di documentare
gli aspetti effimeri della realtà si unisce ad una pro-
Nella Valle di Cogne (1959)
Maternità, Val di Mello, Bergamo (anni Cinquanta)
fonda nota malinconica, come si evince dalle sue parole: «Ho
sempre pensato, anzi sentito, che la fotografia debba essere un
colloquio; se non ci si guarda negli occhi è molto difficile capirsi.
Rappresento l’uomo nei suoi attimi di vita quotidiana, che
comprendono anche, ma non solo, le feste religiose, il lavoro, il
ritrovo. La fotografia è documentare quello che succede, senza
attendere fatti spettacolari, perché lo spettacolo è la vita stessa.
Il lavoro, in particolare la tradizione contadina, è sempre stato
il mio tema prediletto. Mi piace fotografare la gente normale
che si alza la mattina e deve andare a lavorare tutto il giorno.
Fotografo allo stesso modo il contadino come il Papa. La spiritualità
l’ho vissuta fin da piccolo nel santuario di Caravaggio;
vedere i pellegrini che arrivavano con i carri di notte e dormivano
sotto i portici mi ha sempre affascinato». Di lui scrive il critico
Denis Curti: «Nel cuore della cultura contadina il fotografo
trova le radici della propria ispirazione e ne fa poetica distintiva
del suo sguardo. Nei fatti, Merisio riesce a dare forma a una
nuova architettura dell’estetica del quotidiano. Questa è la sua
peculiarità, questa la sua forza propulsiva».
In attesa dell'udienza papale (1964)
Immagine dal reportage Una giornata con il Papa (1964)
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PEPI MERISIO