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Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Alessandro Ciantelli
La persistenza della memoria
di Daniela Pronestì
Èuna pittura della memoria quella di Alessandro
Ciantelli, memoria che se da un lato “congela” sul
supporto emozioni ed immagini affiorate dal passato,
dall’altro lato esprime l’urgenza di tramandare una storia
che rischia altrimenti di essere dimenticata. Più precisamente,
nell’opera di Ciantelli, la memoria incarna sia l’immobilità
di ricordi che sono pietre miliari nella vita dell’artista,
sia la necessità di perpetuare nel tempo esperienze che
legano la memoria del singolo a quella collettiva. La dimensione
privata del ricordo gli offre quindi lo spunto per
parlare di una vicenda che non riguarda se stesso soltanto,
ma che abbraccia il destino di intere generazioni di uomini
e di donne che come suo padre e sua madre hanno speso la
loro esistenza nel lavoro dei campi e nella cura del focolare
domestico. L’intersecarsi di amore filiale e riflessione sociale
spiega perché dei propri genitori Ciantelli non offra un
ritratto tradizionale, con volti riconoscibili e nomi di persona,
ma preferisca invece soffermarsi su quegli aspetti che
trasformano ambedue le figure nei simboli di uno stile di vita
votato al sacrificio, alla fatica operosa, alla cura della terra
con la stessa devozione con cui si curano i figli. Proprio
perché incarnano una dimensione quasi mitica del vivere rispetto
ai costumi odierni, entrambe le figure non compaiono
nei dipinti come presenze esplicite, ma vengono invece
raccontate attraverso ambientazioni investite, a loro volta,
di precisi significati simbolici: la campagna di Giaccherino,
dove Ciantelli è nato e suo padre ha coltivato la terra,
un’anonima casa colonica in località le Caselle, luogo natale
della madre a cui l’artista è tornato più volte in cerca delle
proprie radici, e più in generale scorci rurali che riportano
alla memoria saperi antichi e gesti rituali del vivere contadino.
Di quest’ultimo restano, a testimoniarlo, cascine, mu-
Colori della memoria (2007), tecnica mista su tavola, cm 80x100
retti, attrezzi da lavoro; e ancora, paesaggi coltivati, sentieri
di campagna, mulattiere. Nient’altro, quindi, che “terra e cose”,
frammenti di un’unità perduta che l’artista recupera e
concentra in un linguaggio nel quale un logoro sacco di juta
del padre diventa un elemento cromatico, l’intonaco staccato
dalla casa della madre una superficie da dipingere, la
tela a righe di un vecchio materasso di campagna il perno
della composizione. Scampoli di materia integrati nel corpo
dell’opera con una cifra espressiva soltanto in parte riferibile
alla poetica informale, rispetto alla quale, in questo caso,
non è l’atto creativo a nobilitare la materia, ma è il porsi
di quest’ultima come reliquia ad elevare il dipinto alla dignità
di un’icona sacra. Se la memoria è immateriale, sembra
dire Ciantelli, la materia permette allora di renderla visibile,
Memorie in verticale (2016), tecnica mista su cartone telato, cm 40x50
Autunno (2012), tecnica mista su tavola, cm 90x110
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ALESSANDRO CIANTELLI