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L’avvocato

Risponde

A cura di

Alessandra Cirri

Dall’altare al tribunale: la separazione dei coniugi

di Alessandra Cirri

Il matrimonio è un istituto giuridico solenne con cui i nubendi-coniugi

si scambiano il reciproco consenso a condividere

la vita ed assumono reciproci obblighi. Per la

Costituzione è il fondamento della famiglia. Al momento della

celebrazione delle nozze, sia dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile,

sia con matrimonio religioso, vengono letti tre articoli del

codice civile. Nell’emozione del momento, molti non vi prestano

attenzione, ma sono di fondamentale importanza: si parla

di “obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale,

alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla

coabitazione…”, “obbligo imposto ad ambedue i coniugi di

mantenere, istruire, educare, assistere moralmente i figli”. Poche

parole dense di significato. In Italia, nel 2019 sono stati

celebrati 184.088 matrimoni, 11.690 in meno rispetto all’anno

precedente. Il trend evidenzia un progressivo calo, sempre più

in aumento, di matrimoni. I costumi sono mutati notevolmente

negli ultimi trent’anni e il matrimonio non rappresenta più

una mèta a cui aspirare. Di pari passo aumentano le convivenze,

le famiglie dei single, come si evince dalla recente disciplina

normativa delle Unioni Civili e delle Convivenze di Fatto.

Venendo al momento della “crisi familiare”, i clienti che si rivolgono

al mio studio si sentono insicuri e impauriti perché il

passo è grande. Dopo trent’anni di attività capisco subito quali

siano stati i problemi: è fondamentale che il cliente si senta

compreso. A volte mi chiedo se sono un bravo avvocato, stante

la mia propensione alla comprensione, mi dico che dovrei

essere più distaccata, ma non ci riesco. Forse ciò è dovuto anche

alle mie esperienze, figlia di genitori separati e poi divor-

ziati, e io stessa divorziata. La prima cosa che premetto è che

non ci sono né vinti né vincitori, perché si sta parlando di pezzi

di vita, di figli, e il tentativo quindi è di dissuaderli dall’intraprendere

lunghe e costose battaglie giudiziarie. Per questo mi

adopero per instaurare trattative con la controparte, per giungere

ad un accordo bonario, conscia del fatto che una diatriba

giuridica non farebbe che aggravare ferite e dolori, oltre che allungare

notevolmente i tempi. La separazione è consensuale o

giudiziale; la prima è basata sul consenso di entrambi i coniugi,

che siglano una sorta di accordo che verrà trascritto nel ricorso

introduttivo. Alla seconda si ricorre in caso di mancato

accordo o impossibilità di raggiungerlo. In tal caso, si redige

un ricorso introduttivo al fine di giungere all’udienza presidenziale

ed ottenere i migliori provvedimenti provvisori ed urgenti

che dovranno essere adottati dal giudice e che permarranno fino

al termine della causa. Il processo di separazione giudiziale

è bi-fasico. La prima fase, introdotta con ricorso, termina

con l’udienza presidenziale ove i coniugi separatamente vengono

ascoltati dal presidente e poi successivamente lo stesso

adotta dei provvedimenti provvisori ed urgenti che riguardano:

l’affidamento dei figli e le modalità di visita degli stessi, l’assegno

mensile, quale contributo al mantenimento della prole,

considerando le risorse economico e patrimoniali di ciascun

genitore, il rimborso delle spese straordinarie attinenti ai figli,

l’assegnazione della casa familiare, a quale genitore il collocamento

dei figli. Il presidente, infine, assegna la causa ad un

giudice istruttore. Questa è la seconda fase della separazione

giudiziale, che ha lo svolgimento di qualsiasi altra causa, ovvero

con trattazione scritta ed orale, escussione di testi, assunzione

di mezzi di prova, eccetera. La separazione giudiziale,

tuttavia, può essere trasformata in consensuale in qualsiasi

momento, laddove i coniugi abbiano, nel frattempo, raggiunto

un accordo. La consensuale si basa sull’accordo raggiunto e

poi trascritto nel ricorso introduttivo. Il contenuto dell’accordo

può essere molto più ampio della separazione giudiziale, ovvero

oltre a disciplinare i quattro punti fondamentali della separazione

– affidamento dei minori, assegnazione della casa

coniugale, assegno per i figli, eventuale assegno per coniuge

beneficiario – si può estendere anche a tutti i rapporti patrimoniali

dei coniugi, come divisione di beni mobili o immobili, conti

correnti, altre posizioni patrimoniali, eccetera. I coniugi che

prevedano il trasferimento di parte o di un intero bene immobile

a favore di un coniuge o dei figli godono dell’esenzione fiscale,

laddove ciò sia rappresentato come elemento

funzionale alla risoluzione della crisi coniugale. La separazione

consensuale termina con l’omologa, una sorta di timbro

con il quale i coniugi vengono autorizzati a essere separati alle

condizioni dai medesimi indicate nel ricorso, previo vaglio

del pubblico ministero che svolge funzioni di controllo dell’interesse

pubblico. La separazione giudiziale, invece, termina

con sentenza. La separazione con negoziazione assistita ha

lo stesso identico valore della separazione consensuale svol-

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LA SEPARAZIONE

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