lavorovalore
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ilLAVOROCOMEVALORE
CON IL PERMESSO DEGLI OPERAI
La Fabbrica distava, da casa mia, poche centinaia di metri che, anche quella mattina,
avevo percorso a piedi. Dopo tre anni di pendolarismo settimanale da e per
Milano allo stabilimento del Portello dell’Alfa Romeo ero rientrato in Alessandria.
L’azienda dove, da pochi giorni, lavoravo si trovava al quartiere Cristo, nella parte
a sud della città, lungo il Corso in direzione di Acqui Terme e prossima al cascinale
della Boida, su terreni di proprietà dei fratelli Lenti. Qui, negli anni Cinquanta, i titolari
della società anonima “Ricci & C”, che in origine aveva sede nel quartiere
Pista 1 , progettarono e realizzarono la costruzione di un nuovo e moderno stabilimento
e, tra il 1958 e il ’59, vi trasferirono la fabbrica. Lo sviluppo economico del
dopoguerra trovò la Ricci e le altre realtà dell’argenteria industriale alessandrina
preparate e in grado di rispondere all’aumento della domanda interna di oggetti in
argento, sia acquistati come investimento famigliare, che come regalo di prestigio.
Questo positivo andamento, favorito da una sostanziale stabilità della materia prima,
toccò il suo massimo tra la seconda metà degli anni sessanta e l’inizio dei settanta
quando la Ricci raggiunse e superò i 200 dipendenti, lavorando ogni anno decine di
tonnellate d’argento. 2
Quella mattina, dei primi giorni del settembre 1969, l’ingresso della fabbrica era
presidiato e lo spazio di fronte interamente occupato dagli operai in sciopero per il
rinnovo del Contratto Nazionale di lavoro. Il primo incontro per l’avvio delle trattative
contrattuali tra FIM, FIOM, UILM e Confindustria si era svolto l’8 settembre
’69. La riunione durò molto poco e si concluse con una rottura per la pregiudiziale
di Confindustria tendente a riaffermare i limiti della contrattazione aziendale che,
da applicativa delle norme del Contratto 1966, era diventata, nella prassi, integrativa.
Gli scioperi iniziarono l’11 settembre nelle aziende private ed il 16 in quelle a partecipazione
statale. 3
Assunto l’ultima settimana di agosto, con la ripresa del lavoro dopo le ferie,
come impiegato tecnico e responsabile dei reparti iniziali della produzione: la fonderia,
la laminazione, gli stampaggi di posateria e argenteria e la tornitura in lastra,
mi trovavo nel pieno del previsto periodo di prova. Nessuno degli impiegati dell’azienda
aveva mai partecipato ad uno sciopero e tale condizione veniva, se non
compresa, almeno accettata e considerata normale dagli altri lavoratori. In quella,
come in altre analoghe occasioni, che negli ultimi anni erano diventate più frequenti,
l’ingresso in fabbrica delle auto degli impiegati veniva accompagnato da fischi e
rimbrotti, anch’essi considerati, da entrambe le parti, normali.
Sulla sinistra dell’ingresso principale si poteva accedere, salendo pochi gradini,
direttamente agli uffici. Arrivato in prossimità della fabbrica, dal gruppo dei manifestanti
si alzarono un paio di fischi che, chiaramente, mi riguardavano. Istintivamente,
invece di salire e entrare in azienda, mi diressi verso gli operai. Mi informai
sulle ragioni dello sciopero, espressi il mio convinto sostegno e, conosciuta la mia
condizione di lavoratore appena assunto e non ancora confermato, Ettore Sacco, lo
storico e principale esponente sindacale della Ricci, nonché riferimento degli ar-
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