lavorovalore
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ilLAVOROCOMEVALORE
riali 26 , la graduale riduzione a 40 ore dell’orario di lavoro settimanale, l’allargamento
dei diritti sindacali (diritto di assemblea, riconoscimento dei delegati aziendali con
l’estensione dell’esperienza dei Consigli dei delegati come rappresentanza unitaria,
al posto delle Commissioni interne), il rifiuto a monetizzare gli elementi di rischio
e di nocività della salute, la riduzione del divario normativo fra il trattamento degli
impiegati e quello degli operai, norme intese ad evitare il ricorso non contrattato
agli straordinari e la conferma della contrattazione integrativa.
Lo Statuto dei lavoratori è legge
In quei mesi dell’autunno 1969 il Senato e la Camera avevano con sollecitudine
portato avanti e, in rapidi dibattiti, approvato il disegno di legge che, su iniziativa
del ministro del Lavoro, il socialista
Giacomo Brodolini, il Consiglio
dei ministri aveva presentato
il 20 giugno 1969. Si trattava dello
“Statuto dei diritti dei lavoratori”
che diventava la legge dello Stato
n. 300 il 20 maggio 1970, legittimando,
anche sul piano istituzionale,
quei diritti sindacali che già
ai metallurgici e ad altre categorie
dell’industria erano stati riconosciuti
dai nuovi contratti. In questo
modo si verificava una coincidenza,
non frequente nella storia
della Repubblica, fra evoluzione
del contesto sociale e agire politico
e legislativo. Brodolini aveva concepito
quell’insieme di norme con
l’apporto di un fine giurista come
Gino Giugni. Lo Statuto, approvato
con l’astensione del PCI, contiene
le “norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell’attività
sindacale nei luoghi di lavoro
“Avanti!”, 15 maggio 1970
e norme sul collocamento” ed è in materia di lavoro, dopo la Costituzione, la fonte
normativa più importante del nostro ordinamento.
Il giornale del Partito socialista Avanti!, il 15 maggio 1970, ne dà notizia con un
titolo a tutta pagina e quello dell’editoriale di Giorgio Lauzi risulta particolarmente
significativo: “La Costituzione entra in fabbrica”. Con l’approvazione dello Statuto-
scrive il giornalista dell’Avanti!, uno dei maggiori storici del movimento ope-
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