lavorovalore
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ilLAVOROCOMEVALORE
rissime e una gestione dell’azienda tutt’altro che paternalistica, ma autoritaria, fatta
di multe, sospensioni e cronometristi spietati nel tagliare i tempi delle lavorazioni.
L’episodio ebbe una risonanza internazionale. La vertenza si concluse con la firma
di un buon accordo. 45
In seguito le rivendicazioni si estendono dalla fabbrica ai temi sociali più generali
(la salute, la casa, le pensioni, i trasporti) che coinvolgono la vita quotidiana dei lavoratori
e delle famiglie. A Milano, come a Torino, la massiccia migrazione dal sud
ha evidenziato la condizione precaria e non più sostenibile delle abitazioni operaie,
e motivato la richiesta di importanti investimenti pubblici nell’edilizia popolare.
Si può così sostenere che, nell’insieme, gli scioperi del 1968-1969 servono a
“costruire una nuova identità collettiva, a partire dal riconoscimento dei diritti e
dell’appropriazione di spazi condivisi, prima negati”. 46 A Torino la data di inizio di
quello che a settembre l’allora segretario nazionale del Psi Francesco De Martino
avrebbe chiamato “Autunno caldo”, per definire una stagione che sarebbe passata
alla storia, è il 3 luglio 1969. Quel pomeriggio al corteo degli operai usciti da Mirafiori
per manifestare attorno allo stabilimento si uniscono studenti, lavoratori di
altre fabbriche e rappresentanti di forze politiche della sinistra non tradizionale,
prima fra tutte Lotta Continua. In corso Traiano, tra sassi lanciati e cariche della
polizia si consuma la prima di tante guerriglie urbane di quella stagione. Uno scontro
che con le ore aumenta di intensità, continua nella notte in direzione della fabbrica
del Lingotto e verso Nichelino e Moncalieri. Il bilancio ufficiale di quella giornata
parla di 70 feriti, 160 fermati e 28 arresti, ma molti manifestanti si fecero aiutare da
amici e famigliari per evitare di essere segnalati. 47 Una fase sociale e politica quella
dell’autunno caldo che ha rappresentato: “uno spartiacque fra una società nella quale
il lavoro e i lavoratori non avevano ancora raggiunto piena e legittima cittadinanza
e una società nella quale il lavoro e i lavoratori hanno conquistato legittimità e cittadinanza”.
48 Una condizione che negli ultimi decenni, con i mutamenti intervenuti
nell’organizzazione del lavoro, l’affermazione di nuove ideologie e l’affievolimento
dell’interesse verso le categorie operaie da parte delle tradizionali forze politiche di
riferimento, fatica ad essere difesa.
La diversa condizione degli impiegati
Le proteste giungevano, però, attenuate nella palazzina della direzione commerciale
dove aveva sede l’ufficio nel quale, dai primi giorni del settembre 1967, ero
impiegato. Le condizioni di lavoro non erano paragonabili a quelle dei reparti di
produzione che avevo conosciuto e visitato durante il corso. Queste, insieme alle
differenze normative e contrattuali, separavano ancora nettamente gli impiegati dagli
operai e sancivano, con la garanzia del posto di lavoro, la fedeltà all’impresa. Due
colleghi di ufficio, dei quali mi sono rimasti impressi i cognomi: Mondonico, taciturno
e abitudinario e Veronelli, estroverso e ciarliero, che per anni avevano lavorato
nell’azienda come operai, mi confidarono che uno dei giorni più belli della loro vita
era coinciso con l’abbandono della tuta e l’agognato passaggio tra gli impiegati.
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