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Renzo Penna
L’ALFA ROMEO E LA CONDIZIONE OPERAIA
La lettera che mi prospetta la possibilità di frequentare un Corso annuale di “perfezionamento
e specializzazione in materie Tecnologiche e Organizzative per Periti
Industriali Meccanici” da svolgere presso la Società Alfa Romeo di Milano, in collaborazione
con l’I.R.I. ed istituito dal Ministero della Pubblica Istruzione, mi arriva,
in maniera del tutto inaspettata, verso la fine di ottobre del 1966.
Dopo l’esame di stato che il corso dei Periti Industriali della nostra annata svolse
nella nuova sede dell’ITIS “A. Volta”, non ancora ufficialmente inaugurata, stavo valutando
alcune offerte di impiego, ma mi rimaneva irrisolto un desiderio di proseguire gli
studi da far convivere con una, non più rinviabile e necessaria, autonomia economica.
Così, con la piena condivisione dei miei genitori, non mi fu difficile accettare. Il
Corso iniziò il primo dicembre ’66; era frequentato da neo diplomati provenienti da
tutte le regioni italiane e con uno di loro, Salvatore Di Dio di Enna, divisi una stanza
in affitto nel palazzo, al n° 11, di via Grigna. Non molto distante dall’ingresso principale
dell’Alfa Romeo, il Portello, che, allora, si trovava in via Traiano. I difficili collegamenti
ferroviari, peraltro non migliorati negli anni, sconsigliavano un pendolarismo giornaliero;
cosi mi attrezzai per raggiungere Milano la sera della domenica e rientrare in
Alessandria nel tardo pomeriggio di venerdì. Il Corso, della durata effettiva di otto
mesi, prevedeva una borsa di studio con un importo mensile fisso e una parte che variava
in base ai risultati conseguiti. L’entità complessiva pressoché analoga allo stipendio
iniziale di un impiegato tecnico. Al termine era prevista la possibilità di essere
assunti in azienda e di far valere il periodo della specializzazione ai fini dell’anzianità
e degli istituti contrattuali, ma solo dopo cinque anni di effettivo servizio.
Il Corso dei Periti Meccanici
L’orario del Corso era quello lavorativo (48 ore settimanali) e si divideva equamente
tra la formazione in aula, tenuta dai massimi responsabili delle direzioni dell’Alfa
e, indossata la tuta blu da lavoro, la visita guidata e lo studio delle diverse sezioni
e reparti della fabbrica. Al termine di ogni esercitazione e per ogni reparto era prevista,
entro tempi stabiliti, una relazione che veniva valutata e giudicata sotto il profilo tecnico
e concorreva a definire l’importo della parte variabile della borsa di studio.
Dal punto di vista della produzione l’industria automobilistica, in quegli anni,
prevedeva e utilizzava l’intera gamma delle tecnologie meccaniche: dalle fonderie,
alla fucinatura, dallo stampaggio a caldo e a freddo delle lamiere, ai trattamenti galvanici,
alle officine per la costruzione degli stampi, dei particolari del motore e il
loro montaggio, alle linee a transfert, alla verniciatura, alla saldatura, alle catene
per l’assemblaggio e montaggio finale del prodotto, ai magazzini e al sistema dei
trasporti interni. Tutto questo si trovava diviso tra i vecchi capannoni del Portello,
che comprendevano anche gli uffici e la direzione, e i nuovi reparti dello stabilimento
ancora in costruzione ad Arese.
Nel corso dei mesi si visitarono i reparti produttivi anche di altre grandi industrie.
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