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Renzo Penna
IL TERRORISMO IN FABBRICA
Qualche anno dopo alcuni dei nomi dei dirigenti dell’Alfa Romeo che avevamo
conosciuto come relatori nei mesi del corso di formazione comparvero sui giornali
come protagonisti involontari di eventi drammatici. La prima fase dell’organizzazione
terroristica “Brigate rosse” è stata caratterizzata, tra il 1970 e il 1974, da una
campagna di propaganda che, attraverso azioni dimostrative eclatanti all’interno
delle fabbriche e sequestri di dirigenti industriali, era indirizzata a suscitare le simpatie
e a conquistare consensi, soprattutto, tra gli operai delle grandi realtà produttive
del nord. Milano, la capitale industriale del Paese, fu il teatro dove vennero messe
in atto le prime azioni e gli stabilimenti della Sit-Siemens e della Pirelli quelli dove
il proselitismo delle BR tra gli operai registrò gli iniziali successi. A partire dal 1972
sono, infatti, già operativi nuclei di affiliati in alcune grandi fabbriche milanesi e,
di lì a poco, ispirandosi alle formazioni guerrigliere sudamericane, nascono le colonne
milanesi e torinesi dell’organizzazione.
Dopo una prima azione del marzo 1972 che ebbe come obiettivo una persona
(l’ingegner Idalgo Macchiarini dirigente della Sit-Siemens), il 28 giugno del 1973,
con modalità analoghe, le Brigate rosse sequestrano, di fronte alla sua abitazione,
Michele Mincuzzi, ingegnere dell’Alfa Romeo di Arese, specializzato in organizzazione
del lavoro e responsabile nella direzione della produzione. Mincuzzi, persona
estrosa e conosciuta non solo in azienda, era, in particolare, il capo dei cronometristi,
cioè dei tecnici che con l’uso del cronometro e l’analisi delle fasi di lavorazione assegnavano
all’operaio il tempo necessario per eseguire un determinato particolare.
Dai loro calcoli dipendeva sia la quantità del lavoro da realizzare (numero di pezzi
in un tempo stabilito) che il conteggio del rendimento per la retribuzione del cottimo.
Un’attività da sempre vista con sospetto e osteggiata dagli operai. Quindi un bersaglio
perfetto per le finalità della propaganda brigatista. L’operazione fu attuata con
un sequestro ed un processo proletario di alcune ore. Mincuzzi fu incappucciato e
portato in aperta campagna dove si svolse l’interrogatorio. L’ingegnere venne poi
rilasciato nei pressi della fabbrica con un cartello al collo che recava la scritta: “Brigate
Rosse - Mincuzzi Michele dirigente fascista dell’Alfa Romeo - Processato dalle
Brigate Rosse. Niente resterà impunito - Colpiscine uno per educarne cento - Tutto
il potere al popolo armato - Per il comunismo.” Autore del cartello fu il brigatista
Mario Moretti che, in quell’occasione, disegnò, forse per errore, la stella delle BR
a sei punte, come la stella di Davide, anziché a cinque. 52
Nello stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese, dove era sorto il gruppo di “autonomia
operaia” che si contrapponeva all’azione della F.L.M., il sindacato unitario
dei metalmeccanici, il terrorismo si insediò dal 1975. In questo clima conflittuale
nacquero cellule armate delle BR che costituirono la prima colonna terroristica e
organizzarono all’interno dell’azienda numerosi episodi di violenza, di intimidazione
e di sabotaggio alla produzione. All’esterno della fabbrica i brigatisti avevano
legami con i gruppi della contestazione extraparlamentare che operavano nel vicino
e popolare quartiere di Quarto Oggiaro. Dalle prime azioni dimostrative le Brigate
rosse passarono ai ferimenti e nel mirino degli attacchi terroristici finirono, soprat-
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