ESTERI DOPO IL CONGRESSOLa Cinaè lontanadalla libertàPechino ha scelto il suo prossimo imperatore,ma le promesse di autoriforma del regimela gente ormai nemmeno le ascolta più. HarryWu: «Il cambiamento verrà dal clima sociale.Nel paese ci sono tremila proteste al mese»copieremo mai i sistemi politicioccidentali. Noi dobbiamoproseguire i nostri sfor-«Nonzi per perseguire la riforma della strutturapolitica e continuare sulla via del socialismocon caratteristiche cinesi». Questepoche parole del segretario del partitocomunista e presidente della Cina HuJintao nel suo discorso di apertura del18esimo Congresso del partito riassumonobene i risultati dell’evento politicopiù importante avvenuto in Cina da diecianni a questa parte. Nella Grande Saladel Popolo che si affaccia su piazza Tienanmen,racchiusa tra il mausoleo doveriposa Mao Zedong e l’ingresso della Cittàproibita dove abitavano gli imperatori,ora sovrastata da una gigantografia delGrande timoniere, ogni cinque anni oltre2.200 delegati del partito si riuniscono acongresso. Questa volta, però, durante lasettimana di lavori che si è conclusa il 14novembre è stata anche nominata la quintagenerazione di gerarchi che comanderàla Cina per i prossimi dieci anni. Dopomesi di lotte tra le diverse fazioni del partito,oltre a Xi Jinping, il nuovo segretariogenerale che a marzo diventerà anchepresidente del paese, e a Li Keqiang, nuovonumero due e futuro premier al postodi Wen Jiabao, sono stati scelti gli altricomponenti del ristretto Comitato permanentedel Politburo, il massimo organodi potere comunista che governa unmiliardo e trecento milioni di cinesi. Chisi aspettava un’apertura democratica èrimasto deluso: Hu Jintao ha ricordatocome sempre «il pensiero di Mao Zedong,la teoria di Deng Xiaoping, le “Tre rappresentanze”di Jiang Zemin» e ha invitato a«continuare sulla via del socialismo». Tradotto,significa che in Cina continuerà agovernare e ad essere legale un solo partito.Quello comunista.Qualche analista ha fatto notare comeHu abbia anche parlato di “riforme politiche”ma come spiega a Tempi Steve Tsang,professore di Studi contemporanei cinesiprima all’università di Hong Kong, poia Oxford e oggi all’università di Nottingham,«quando i leader comunisti parlanodi riforme politiche, non intendono riformedemocratiche. Al massimo cambieràla governance. E la governance oggi in30 | 21 novembre 2012 | |
Cina è cambiata perché il partito è più abilea reprimere il dissenso». Pechino confermale parole del professore: in occasionedel Congresso la capitale è stata invasada striscioni appesi dovunque con lascritta: “Senza il Partito comunista, non cisarebbe una nuova Cina”. Per sicurezza aitassisti è stato ordinato di girare al largoda piazza Tienanmen e di svitare le manigliedei finestrini dai sedili posteriori perchénessuno potesse lanciare volantini; ainegozi è stato proibito di vendere armigiocattolo; a chiunque impedito di fareuso di piccioni viaggiatori; in tutto il paesedissidenti e attivisti sono stati arrestatie messi a tacere; in tv per una settima-In occasione del Congresso la capitaleè stata invasa da striscioni appesidovunque con la scritta: “Senza il Partitocomunista, non ci sarebbe una nuova Cina”na i telefilm americani sono stati cancellatidai palinsesti e sostituiti da programmi“rossi”, mentre internet è stato posto sottouna rigidissima censura.Se il partito comunista non ha alcunaintenzione di lasciare il potere e garantirela libertà di espressione, non è così ciecoda non accorgersi che la Cina è semprepiù lontana dall’essere quella «societàarmoniosa» che Hu Jintao voleva costruiree che i cinesi sono sempre meno dispostia sottostare a un regime. Per questol’ex presidente ha sottolineato che chi vìolala legge deve essere perseguito «chiunqueegli sia, qualunque ruolo ufficialeabbia». Spiega ancora Tsang: «Nei diecianni di presidenza di Hulo scontento della gente èaumentato. Il sistema giudiziarionon è indipendente,il divario tra ricchi e poveriè enorme, le proteste civiliaumentano a causa delleingiustizie subite dai lavoratori, dei disastriambientali che oramai non si contanopiù e soprattutto della corruzione dilagantedei funzionari». Non a caso dunqueHu Jintao si è lanciato in una durissimareprimenda della corruzione, che «rischiadi aprire una profonda crisi nel partito etravolgere lo Stato e l’intero paese».Foto: AP/LaPresseIL TORMENTONEUNA SFIDA LANCIATA MILLE VOLTECom’è dura combattere la corruzioneAl Congresso Hu Jintao ha tuonato: «Lacorruzione rischia di aprire una profondacrisi nel partito e travolgere il paese».Parole forti ma già sentite. 1994, JiangZemin, segretario del Pcc: «Rinnovaregli sforzi contro la corruzione». 1996,Quotidiano del Popolo, megafono delPcc: «Epurare i corrotti». 2001, JiangZemin: «Lottare contro la corruzione,questione di vita o morte». 2002, JiangZemin: «Se non eliminiamo la corruzione,il partito rischierà di autodistruggersi».2006, Hu Jintao: «Intensifichiamogli sforzi contro la corruzione».2010, Sezione pechinese del Pcc:«Promettiamo di aumentare gli sforzicontro la corruzione ma è complicato».Il presidente uscente della Cina Hu Jintaoe, sopra, il suo predecessore Jiang Zemin.A sinistra, nella foto grande, la Grande Saladel Popolo a Pechino, dove si è appena chiusoil Congresso del partito comunista cinesePapaveri arricchiti, popolo alla fameNegli ultimi cinque anni 660 mila funzionarisono stati trovati colpevoli di corruzione,di questi però solo 24 mila sonostati condannati penalmente. Non stupisconoperciò le rivelazioni del New YorkTimes, secondo cui il premier Wen Jiabaoe i suoi familiari hanno raggranellatoin dieci anni quasi tre miliardi di dollari.Una cifra enorme, se si pensa che il Pil procapite annuale cinese è pari a 7.500 dollari,il 94esimo del mondo. «Il partito avrebbebisogno di autodisciplina – commentaTsang – ma è difficile ottenerla non dovendorendere conto a nessuno».È dal 1993, infatti, che tutti gli anniil leader comunista di turno denunciala corruzione, spiegando che rappresenta«il problema più grave della nazione» erischia di compromettere «il legame tra ilpartito e il popolo». Quasi vent’anni dopo,Hu Jintao dice le stesse cose ma il risultatodegli «incessanti sforzi» è che in Cina70 membri del partito fanno parte dellepersone più ricche del mondo mentre 110milioni di cinesi vivono sotto la soglia dellapovertà con 1,25 dollari al giorno. L’incapacitào la scarsa volontà del partito dicorreggere la rotta non stupisce però ungrande dissidente come Harry Wu, l’uomoche ha trascorso 19 anni nei laogai, i| | 21 novembre 2012 | 31