cultura nel tempIo della liricaIl coraggiodi cambiaremusicaAlla vigilia di una doppia inaugurazione dellastagione che metterà in dialogo Verdi e Wagner,il sovrintendente della Fenice di Venezia spiegaperché occorre parlare di cultura in terminidi efficienza e qualità. «Come in un’azienda»facciamo ancora un’altrafoto/ col colombo in man/«Vieni,così, sorridi bene senzasmorfie,/ lo sguardo fisso su di me/ mentreconto fino a tre,/ sarai contenta quandopoi/ tua cugina lo vedrà/ che a Veneziasiamo stati anche noi». Ci vuole lavoce, oltre che la poesia, di Paolo Contea raccontare cosa sia Venezia per chi visbarca orgoglioso quasi fosse un traguardo,come la cugina celebrata nella canzonesimbolo di un’irresistibile (e maiscomparsa) Italia provinciale. Chissà sela famosa cugina aveva mai messo piedealla Fenice. La provocazione è pertinentese si vuol parlare del grande teatro senzacostringere la cultura a un rito officiatoper pochi colti eletti.Quando Cristiano Chiarot, che nellavita è stato anche giornalista e dirigented’azienda, è stato nominato sovrintendentedella Fenice, nel dicembre 2010,aveva in testa di farne un teatro più“aziendale”. L’uomo, che in questo tempiodella musica ha lavorato con ruolidiversi per oltre un decennio primadi arrivare alla carica chericopre tutt’oggi, non siscandalizza della parola“profitto”. E non si lamentaneppure del taglio, chepure è costante in questianni, al Fondo Unico per lo Spettacolo daparte del governo. La sua visione “aziendalista”del teatro non vuole essere provocatoria,ma improntata al buon senso.«Significa mettere a frutto il tesoroche abbiamo tra le mani», spiega a Tempinell’emozionata vigilia di una stagioneparticolarmente impegnativa e importanteche prenderà il via venerdì prossimocon un calendario di grande spessoreper festeggiare il bicentenario della nascitadi Verdi e Wagner, due maestri profondamentelegati alla città lagunare.Da alcuni anni, racconta Chiarotper spiegare che cosa significhi visione“aziendale” della cultura, il teatro La Feniceè aperto ai visitatori, in gran parte turisti,anche durante le prove degli spettacoli.«Abbiamo chiesto agli artisti uno sforzoin più, assicurato l’assoluta disciplina delpubblico e devo dire che funziona». Funzionae rende, se è vero che oggi circa unmilione di euro all’anno entra nelle cassedella Fondazione che gestisce il teatro soltantodalle visite della struttura. Perchéalla Fenice c’è uno spettacolo che si godeDa alcuni anni il teatro è aperto alle visiteanche durante le prove. «Abbiamo chiestoagli artisti uno sforzo e oggi quelle visitefanno guadagnare un milione al teatro»anche prima che si apra il sipario. La fulgidabellezza del teatro è infatti impreziositada una storia accidentata e avventurosa,che ha visto questo gioiello, che siiniziò a progettare nel 1789, distrutto perdue volte. L’ultimo devastante incendiodoloso ha quasi completamente raso alsuolo il teatro nel 1996 e solo nel 2003 siè potuta rispolverare la scontata, eppureazzeccata, metafora della Fenice che rinascedalle proprie ceneri.«Questo teatro – riprende Chiarot –ha delle grandi qualità a livello artisticoe bisognava metterle in condizione diesprimersi. In più c’era un altro elemento:ci eravamo accorti che più spettacoliproponevamo, più pubblico attirava-48 | 21 novembre 2012 | |
Sopra, il sovrintendentedella Fenice di VeneziaCristiano Chiarot.Sotto, il maestroMyung-Whun Chung,alla guida dell’Orchestrae del Coro della Fenice(Foto: Jean-FrançoisLeclercq).A lato, una vedutadel teatro, riapertonel 2003 dopo cheun incendio dolosolo distrusse quasicompletamentenel 1996 (Foto:Michele Crosera)l’idea di far incontrare culturae mercato evoca continuamentemal di pancia, ilterrore che l’una possa esseresvenduta in nome delmo».Semplice, ma non banale. La Fenice,come e forse più di altri teatri, ha unventaglio di pubblici estremamente diversi.Ci sono i melomani che arrivano dallacittà e dal resto d’Italia e poi ci sono i turisti,spesso solo genericamente innamoratidella musica ma ugualmente interessati abeneficiare di quel “brand” internazionaleche è La Fenice. «Per i turisti – riprendeil Sovrintendente – abbiamo modulatoun’offerta su misura, immutata in terminidi qualità ma più agile in termini ditempi». Così si spiega il grande sforzo dimettere in cartellone anche due spettacolidiversi nello stesso weekend, «per darela possibilità a chi è in città di passaggiodi vedere anche più di una recita. In questastagione – spiega Chiarot – abbiamo18 titoli e 122 recite d’opera, senza contarei concerti sinfonici e ormai da annicerchiamo di proporre un’offerta validae specifica in ogni periodo dell’anno». Inattesa di conoscere i risultati di uno studioavviato con la Camera di Commercioper quantificare l’impatto economico delteatro sulla città di Venezia, Chiarot sottolineacome l’efficienza di cui va tanto fierosia figlia di un progetto culturale pre-«Il discorso sull’efficienza è un altro aspettodel discorso sulla qualità dell’offertaculturale. Le due cose non sono alternativeo destinate a non incontrarsi mai»ciso. «Insieme al direttore artistico FortunatoOrtombina siamo riusciti a valorizzarela grande fantasia dei professionistiche abbiamo qui mettendola al serviziodel teatro e della città stessa. Perchéil discorso sull’efficienza è un altro aspettodel discorso sulla qualità dell’offertaculturale. Le due cose non sono alternativeo destinate a non incontrarsi mai.Se non riuscissimo a pagare i costi con ilbotteghino non potremmo fare il lavoroche facciamo». Eppure| | 21 novembre 2012 | 49