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Il caso Mearsheimer-Walt<br />

Nella primavera del 2002 la “Atlantic Monthly” commissiona a un noto studioso di<br />

relazioni internazionali, John Mearsheimer, un articolo volto a sondare fino a che<br />

punto gli interessi nazionali di Stati uniti e Israele coincidessero e in quale misura il<br />

peso della lobby filoisraeliana contribuisse ad accreditare una rappresentazione incentrata<br />

sulla inscindibile solidarietà strategica tra i due paesi. 1 The Israel Lobby,<br />

testo che Mearsheimer inviò qualche tempo dopo, scritto in collaborazione con un<br />

altro noto internazionalista, Stephen Walt, non incontrò il gradimento della rivista<br />

che scelse di non pubblicarlo. A quel punto, l’articolo, tramite un ignoto redattore<br />

di “Atlantic Monthly”, giunse all’attenzione del direttore della “London Rewiev of<br />

Books” Mary-Kay Wilmers, che decise di pubblicarlo sul numero del 23 marzo della<br />

sua rivista. Dal momento che l’impostazione grafica della “London Rewiev of<br />

Books” non prevede la presenza di lunghi apparati di note, una versione completa<br />

del testo, con tanto di riferimenti bibliografici, fu inserita sul sito della Harvard University,<br />

sede di insegnamento di Stephen Walt. 2<br />

The Israel Lobby si interroga sulla razionalità sottesa all’appoggio incondizionato<br />

che gli Stati uniti offrono a Israele. A motivare tale scelta, stando all’opinione corrente,<br />

sarebbe in primo luogo la coincidenza tra gli interessi strategici dei due paesi.<br />

Da tale punto di vista gli Stati uniti appoggerebbero Israele in quanto l’alleato contribuirebbe<br />

alla realizzazione degli interessi della superpotenza in un’area strategica<br />

come il Medio Oriente. Un simile atteggiamento sarebbe perfettamente coerente con<br />

la logica “realista”, alla quale segnatamente aderisce un autore come Mearsheimer,<br />

secondo cui la politica internazionale si basa sull’interazione, in una situazione di anarchia,<br />

fra unità volte a massimizzare la propria potenza e ad affermare, sulla base<br />

della grammatica dei rapporti di forza, il proprio interesse nazionale. 3 La relazione<br />

Stati uniti-Israele, tuttavia, sembra eccepire una razionalità del genere, mostrando<br />

una superpotenza che si appiattisce sull’agenda particolaristica dell’alleato di minoranza,<br />

rinunciando all’implementazione delle condizioni più favorevoli all’esercizio<br />

dell’egemonia planetaria per farsi carico della politica di potenza di un attore regionale.<br />

A parere degli autori di The Israel Lobby, infatti, da qualche decennio gli interessi<br />

degli Stati uniti e di Israele non coinciderebbero affatto. Ignorare tale dato di<br />

fatto comporterebbe per Stati uniti enormi costi in termini di relazioni con il mondo<br />

arabo e islamico, di impegni bellici strategicamente incongrui, di perdita di prestigio<br />

e credibilità a livello internazionale. Si tratta di uno scenario pressoché inconcepibile<br />

per il paradigma realista, fondato sull’obbligatorietà di una grammatica, quella degli<br />

interessi nazionali e delle relazioni ponderali, che inevitabilmente finisce con l’im-<br />

1 P. Weiss, Ferment Over “The Israel Lobby”, in “The Nation”, 15 maggio 2006.<br />

2 http://ksgnotes1.harvard.edu/Research/wpaper.nsf/rwp/RWP06011/$File/rwp_06_011_walt.pdf.<br />

3 Si veda J. Mearsheimer, La logica di potenza, Università Bocconi, Milano 2003, pp. 1-50.<br />

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