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ilevanza storica e artistica, l’opera di Giuseppe Flavio non risolve tutti i dubbi<br />

sull’andamento effettivo delle operazioni militari, sui retroscena politici e sulla<br />

tragedia conclusiva. 29 Soltanto a partire dagli inizi dell’Ottocento qualche sporadico<br />

viaggiatore riuscì a individuare i resti dei campi degli assedianti e le rovine<br />

delle fortificazioni difensive. Tra gli esploratori più attenti si ricordano nel<br />

1838 i sacerdoti americani Edward Robinson ed Eli Smith, un altro missionario<br />

americano, S.W. Wolcott, che si fece accompagnare dal pittore inglese W.<br />

Tipping nel 1841-1842, l’ufficiale olandese Van de Velde nel 1851, la spedizione<br />

guidata dal conte francese Melchior de Vogüé (1858), quella diretta dall’ufficiale<br />

inglese Warren (1867 e 1875), il console americano Frank S. Dehass<br />

(1880). Ma si è dovuto attendere il concreto avanzamento del disegno sionistico<br />

favorito dalla Gran Bretagna dopo la Prima guerra mondiale per un rilancio<br />

del mito di Masada. A esso venne presto associata l’esaltazione della figura<br />

di Josef Trumpeldor, ex ufficiale dell’esercito zarista, giunto in Palestina nel<br />

1919, che, partecipando alle scaramucce tra militari inglesi, francesi e guerriglieri<br />

palestinesi per la delimitazione del confine settentrionale, cadde con altri<br />

cinque compagni presso la colonia ebraica di Tel-Chai nel marzo 1920.<br />

Anche questo personaggio, infatti, entrò in un poema di Isaac Lamdan dal<br />

titolo Masada, edito nel 1927, che ebbe allora larga notorietà e che in chiave<br />

sentimentale e romantica invitava i giovani a tenere duro cosicché “Masada<br />

mai più cadrà” e dove, allo stesso tempo, si esaltava la morte di Trumpeldor<br />

per delineare un’unica catena di nazionalismo ed eroismo ebraico: ciò riallacciandosi<br />

al passato più remoto in vista di una rottura totalizzante con l’esistenza<br />

ebraica nella cosiddetta diaspora e di un rilancio sionistico nel presente.<br />

Ovviamente i versi di Lamdan non avevano alcun autentico riferimento né all’antico<br />

gesto suicida della setta terroristica ebraica di tanti secoli fa né alle<br />

concrete circostanze della morte di Trumpeldor. Con il procedere della colonizzazione<br />

sionistica in Palestina e poi con la fondazione di Israele il mito di<br />

Masada ha ricevuto ulteriore impulso sino alle scoperte delle spedizioni archeologiche<br />

israeliane del 1955-1956 e in particolare della missione guidata<br />

dal generale-archeologo Yigal Yadin nel 1963. Accanto a numerose conferme<br />

dell’attendibilità del testo di Flavio Giuseppe, le risultanze di Yadin sono costellate<br />

da valutazioni superficiali e ingenuità; nondimeno servirono egregiamente<br />

a esaltare l’alone dei combattenti di Masada: per celebrarne la tenacia<br />

irrazionale in contrasto con gli orientamenti della maggioranza della popolazione<br />

ebraica dell’epoca, per indicarla come modello di comportamento di suprema<br />

violenza per i soldati israeliani, per annullare, in definitiva, quasi 2000<br />

anni di storia ebraica. 30 A proposito di Yadin e dell’intensa collaborazione tra<br />

archeologi e militari israeliani (dei quali non è chiaro di quanti reperti abbiano<br />

29 Si veda Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, Mondadori, Milano 1982, libro settimo, parr. 8-10. N.<br />

Ben-Yehuda, The Masada Myth. Collective Memory and Mythmaking in Israel, cit., p. 326, elenca sette dei<br />

più tangibili interrogativi sollevati dal testo di Flavio Giuseppe.<br />

30 Recentemente non è mancato chi ha rilanciato l’idea del suicidio politico collettivo suggerendo ad<br />

Arafat e all’Olp di compiere tale gesto come testimonianza di irriducibile rifiuto. È stato il presidente libico<br />

Muammar Gheddafi che consigliò in tal senso i dirigenti palestinesi assediati dagli israeliani a Beirut nell’estate<br />

1982. Al di là dei raffronti storici invero poco plausibili, a distanza di quindici anni si deve constatare<br />

come la scelta dell’autoannullamento sarebbe stata improvvida per la causa palestinese. Si veda A. Gowebs,<br />

T. Walker, Yasser Arafat e la rivoluzione palestinese, Gamberetti, Roma 1994, p. 250.<br />

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