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Policy Options for the Palestinian Economy. I suoi autori concludevano che<br />
per i palestinesi sarebbe stata preferibile, dal punto di vista economico, una<br />
soluzione meno integrativa rispetto a un accordo di libero scambio. Nella sua<br />
ricerca sulla possibile articolazione di un accordo di lungo periodo, la Banca<br />
mondiale propendeva per le opzioni meno legate all’integrazione economica,<br />
giungendo alla conclusione che l’Europa post 1992 non rappresentasse il modello<br />
migliore in proposito, mentre lo era piuttosto l’Europa prima dell’Unione<br />
europea, e che la soluzione migliore sarebbe stato un accordo commerciale<br />
sul modello della Nazione maggiormente favorita (un regime commerciale<br />
sulla base del quale gli stati sovrani adottano politiche commerciali indipendenti<br />
ma non discriminano fra i diversi partner commerciali).<br />
“Non esiste alcun partner” e la seconda Intifada: 2000-2005<br />
A Camp David, nel luglio 2000, prese forma l’ultimo capitolo del conflitto israeliano-palestinese,<br />
ultimo almeno sino al momento in cui questo articolo è<br />
stato scritto. La delusione per il fallimento dei negoziati fu tanto profonda<br />
quanto le aspettative erano state alte al loro inizio. Dall’“attiva speranza di<br />
porre termine al conflitto” grazie alla soluzione definitiva costituita dalla creazione<br />
di due stati si arrivò alla violenta retorica dello “smascheramento dei nostri<br />
nemici” che “parlano di pace ma che di fatto cercano di distruggerci”, così<br />
come dichiarato dal primo ministro israeliano Ehud Barak, facendo credere<br />
agli israeliani che “non esiste alcun partner”. Ariel Sharon, che aveva sempre<br />
pensato queste cose, quando arrivò al potere sbarrò la strada a qualsiasi tavolo<br />
negoziale. 31 L’impossibilità di raggiungere un accordo definitivo a Camp David,<br />
insieme allo scoppio della seconda Intifada, pose fine ai tentativi di giungere<br />
a una situazione analoga a quella descritta nel diagramma 1 come “confini<br />
stabiliti consensualmente”. I termini di un’alternativa di questo genere non<br />
erano mai stati specificati o messi alla prova, né in accordi formali né nella<br />
realtà. Dal 2000, l’economia è divenuta parte integrante del campo di battaglia<br />
sul quale i due contendenti cercano di ottenere una vittoria decisiva; la<br />
politica economica è divenuta uno strumento per esercitare pressioni. Neppure<br />
per motivi di relazioni pubbliche le due parti affermano di essere interessate<br />
alla prosperità economica dell’altra.<br />
Le ostilità hanno profondamente intaccato l’economia. Israele ha subito<br />
una recessione durata tre anni e il suo Pil è diminuito dell’8 per cento. I palestinesi<br />
hanno subito un collasso economico di differenti proporzioni. Nei primi<br />
tre anni, gli standard di vita sono crollati di circa il 30 per cento; il tasso di<br />
disoccupazione è salito a livelli sconosciuti alle società industrializzate occidentali,<br />
circa il 30 per cento in Cisgiordania e quasi il 40 per cento a Gaza (secondo<br />
le stime dell’Ufficio internazionale del lavoro); il tasso di povertà, calcolato<br />
sulla base del parametro fissato dalla Banca mondiale a 2,1 dollari pro<br />
capite al giorno, è salito dal 13 per cento precedente al collasso economico a<br />
31 Sul fallimento di Camp David si veda Y. Meital, Peace in Tatters. Israel, Palestine, and the Middle East,<br />
Lynne Reinner Publishers, Boulder 2006.<br />
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