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comune, nella civiltà occidentale, che la pratica <strong>di</strong> una virtù debba essere<br />
penosa, e che soltanto se è penosa possa essere "buona". L'Est ha riconosciuto<br />
molto tempo fa che ciò che è bene per l'uomo, per il suo corpo e la sua anima,<br />
deve essere anche piacevole, anche se in principio si devono superare alcune<br />
<strong>di</strong>fficoltà.<br />
La concentrazione è assai più <strong>di</strong>fficile a praticarsi nella nostra civiltà in cui<br />
tutto sembra agire contro <strong>di</strong> essa. Il passo più importante per imparare a<br />
concentrarsi è imparare a star soli senza leggere, ascoltare la ra<strong>di</strong>o, fumare o<br />
bere. Infatti, esser capaci <strong>di</strong> concentrarsi significa essere capaci <strong>di</strong> stare soli<br />
con se stessi, e questa capacità è una con<strong>di</strong>zione precisa per l'arte d'<strong>amare</strong>. Se<br />
io sono attaccato ad un'altra persona perché non sono capace <strong>di</strong> reggermi in<br />
pie<strong>di</strong>, lui o lei può essere un "salvagente", ma il rapporto non è un rapporto<br />
d'amore. Paradossalmente, la capacità <strong>di</strong> stare soli è la con<strong>di</strong>zione prima per<br />
la capacità d'<strong>amare</strong>. Chiunque tenti <strong>di</strong> stare solo con se stesso scoprirà quanto<br />
<strong>di</strong>fficile sia. Comincerà a sentirsi irrequieto, nervoso, a provare un'ansia<br />
incontenibile. Si accorgerà <strong>di</strong> non poter andare avanti in questa pratica,<br />
convinto <strong>di</strong> non valer niente, <strong>di</strong> essere sciocco, che ci vuole troppo tempo, e<br />
così via. Si accorgerà pure che ogni sorta <strong>di</strong> pensieri gli verrà in mente,<br />
cercando d'impadronirsi <strong>di</strong> lui. Si scoprirà a fare piani per il resto della<br />
giornata, oppure a riflettere su certe <strong>di</strong>fficoltà incontrate nel lavoro<br />
intrapreso, oppure a domandarsi dove andrà a trascorrere la serata, e a<br />
pensare qualsiasi cosa che gli occuperà la mente, piuttosto che permetterle <strong>di</strong><br />
svuotarsi. Sarebbe utile praticare pochi semplici esercizi, come ad esempio,<br />
sedere in una posizione <strong>di</strong> relax (né molle, né rigida), chiudere gli occhi e<br />
cercare <strong>di</strong> vedere uno schermo bianco davanti a sé respingendone figure e<br />
pensieri che possano oscurarlo; quin<strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> seguire il proprio respiro;<br />
non pensarci né sforzarsi <strong>di</strong> farlo, ma seguirlo, e così facendo, sentirlo;<br />
inoltre, cercare <strong>di</strong> aver un senso dell'"io"; io, me stesso, come il centro dei<br />
miei poteri, come il creatore del mio mondo. Si dovrebbe, perlomeno, fare un<br />
simile esercizio <strong>di</strong> concentrazione ogni mattina per venti minuti (se possibile<br />
<strong>di</strong> più) e ogni sera, prima <strong>di</strong> coricarsi.<br />
Mentre tra gli orientali esiste una notevole teoria e pratica in questo<br />
campo, specialmente nella civiltà in<strong>di</strong>ana, scopi simili sono stati seguiti<br />
recentemente anche in Occidente. La più significativa, a mio avviso, è la<br />
scuola <strong>di</strong> Gindler, lo scopo della quale è il senso del proprio corpo. Per capire<br />
il metodo <strong>di</strong> Gindler si confronti anche l'opera <strong>di</strong> Charlotte Selver, nelle sue<br />
conferenze e corsi alla New School <strong>di</strong> New York.<br />
Oltre a questi esercizi, si dovrebbe imparare a concentrarsi in ciò che si fa,<br />
ad ascoltare la musica, a leggere un libro, a conversare con una persona, a<br />
guardare un panorama. L’attività, in quel preciso momento, dev'essere la<br />
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