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allora non si riuscirà mai a concentrarsi veramente, nemmeno nell'arte<br />
d'<strong>amare</strong>. Per avere un'idea <strong>di</strong> cosa sia la pazienza, basti guardare un bambino<br />
che impara a camminare. Cade, si rialza, poi torna a cadere; eppure continua<br />
a provare e a riprovare, finché un giorno camminerà senza cadere. Che cosa<br />
non potrebbe raggiungere la persona adulta, se avesse la pazienza del<br />
bambino e la sua forza <strong>di</strong> volontà nel conquistare ciò che per lei è così<br />
importante?<br />
Non si può imparare a concentrarsi senza <strong>di</strong>ventare sensibili con se stessi.<br />
Che cosa significa, ciò? Si dovrebbe forse pensare a se stessi tutto il tempo,<br />
"analizzarsi"? Se parlassimo <strong>di</strong> essere sensibili a una macchina, sarebbe facile<br />
spiegare ciò che s'intende. Chiunque gui<strong>di</strong> una macchina è sensibile ad essa.<br />
Rileva perfino il più piccolo, insignificante rumore, il minimo guasto. Nello<br />
stesso modo, il guidatore è sensibile ai cambiamenti del terreno, ai<br />
movimenti delle macchine davanti e <strong>di</strong>etro a lui. Eppure, non pensa a tutti<br />
questi fattori; la sua mente è in uno stato <strong>di</strong> rilassata vigilanza, aperta a tutti i<br />
cambiamenti rilevanti della situazione in cui è concentrata; quella <strong>di</strong> guidare<br />
con sicurezza l'automobile.<br />
Se consideriamo la questione della sensibilità verso un altro essere umano,<br />
troviamo l'esempio più ovvio nella sensibilità e nella responsabilità della<br />
madre nei riguar<strong>di</strong> del suo bambino. Ella nota certi cambiamenti fisici o<br />
d'umore, ancor prima che siano espressi. Si sveglia per il pianto del bambino,<br />
mentre un altro rumore, molto più forte, non la sveglierebbe. Tutto ciò<br />
significa che è sensibile alle manifestazioni <strong>di</strong> vita del suo bambino; non è né<br />
ansiosa né preoccupata, ma in stato <strong>di</strong> vigile equilibrio ricettivo ad ogni<br />
significativa comunicazione proveniente dal bambino. Nello stesso modo si<br />
potrebbe essere sensibili verso se stessi. Si è consci, per esempio, <strong>di</strong> un senso<br />
<strong>di</strong> stanchezza o depressione, ed invece <strong>di</strong> lasciarvisi andare, sopportandolo<br />
con pensieri deprimenti che sono sempre pronti, ci si chiede: "Che cos'è<br />
successo? Perché sono depresso?" Si fa lo stesso quando si nota se si è irritati<br />
o offesi, oppure se si ha la tendenza a sognare ad occhi aperti, o a indulgere<br />
ad altre attività <strong>di</strong> "evasione". In ognuno <strong>di</strong> questi casi, la cosa più importante<br />
è rendersene conto, senza lasciarsi andare; inoltre, ascoltare la nostra voce<br />
più intima, che ci <strong>di</strong>rà spesso quasi imme<strong>di</strong>atamente - perché siamo ansiosi,<br />
depressi, irritati.<br />
La persona me<strong>di</strong>a ha una certa sensibilità verso il proprio processo<br />
corporale: nota i cambiamenti o anche i minimi dolori; questo tipo <strong>di</strong><br />
sensibilità fisica è relativamente comune, perché molta gente ha una<br />
immagine precisa <strong>di</strong> ciò che significhi stare bene. La stessa sensibilità verso<br />
un processo mentale è molto più <strong>di</strong>fficile, perché molta gente non ha mai<br />
conosciuto una persona che "funzioni" perfettamente. Prendono il<br />
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