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IL LIBRO DEGLI ASTROLABI - Nicola Severino

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GLI <strong>ASTROLABI</strong> ARABI<br />

6L'Opera di Aboul Hhassan.<br />

Gli Arabi sono da lodare in quanto furono i veri<br />

depositari della scienza antica e per aver riacceso il<br />

fuoco sacro che si era estinto nei secoli. L. AM.<br />

Sédillot (probabilmente figlia di Jean Jacques<br />

Sédillot), nel suo libro citato, afferma che gli Arabi<br />

non si sforzarono mai di divulgare il proprio patrimonio<br />

culturale che avevano raccolto e le loro<br />

acquisizioni scientifiche; cioè essi non trasmisero<br />

agli altri popoli ciò che avevano saputo ereditare<br />

dalla scienza antica e ciò che avevano conquistato<br />

con le proprie metodologie innovative, soprattutto<br />

nell'Astronomia.<br />

Quest'affermazione non sembra condivisibile. Fu il<br />

mondo Occidentale, Cristiano, a rifiutare - nei secoli<br />

dal V al X - ostinatamente il patrimonio culturale<br />

dell'antichità pagana, appunto perchè pagana.<br />

E ciò sia nei testi originali greci sia nel tramite delle<br />

traduzioni arabe, opera del demonio. Questo<br />

atteggiamento mutò solo più tardi, tanto che la<br />

prima traduzione latina dell'Almagesto si ebbe nel<br />

1175.<br />

Conseguenza di ciò è il ritardo di secoli con cui ci<br />

sono arrivate le opere degli arabi, le loro invenzioni.<br />

E questo si sente ancora oggi, quando si<br />

pensi che la maggior parte dei manoscritti che<br />

"Colui che ignora la storia della scienza<br />

si priva dell'esperienza dei secoli,<br />

si mette nella posizione del primo inventore,<br />

cadendo in ogni sorta di errore,<br />

con questa differenza,<br />

che i primi errori furono necessari e utili,<br />

e per conseguenza sono più che scusabili,<br />

mentre la ripetizione degli stessi errori<br />

che non sono più necessari,<br />

porta ad una inutile sterilità per gli altri,<br />

e sono vergognosi per se stessi".<br />

Cousin "Cours d'histoire de la philosophie", 1828<br />

furono pubblicati dal decimo secolo in poi, non<br />

sono stati ancora tradotti e commentati!<br />

"C'est le sort des peuples qui renouent le fil des<br />

connaissance humaines", continua Sédillot.<br />

Conosciamo bene alcune opere di alcuni astronomi,<br />

tra i più importanti, ma ci sono ignote quelle di<br />

tantissimi altri, e con essi i trattati di Gnomonica,<br />

di cui non sappiamo quasi niente. Quelli sull'astrolabio<br />

hanno avuto forse più fortuna, in quanto<br />

sono stati oggetto d'interesse di molti studiosi di<br />

tutte le epoche e nazioni.<br />

In questo semplice lavoro seguiremo la strada già<br />

spianata dall'illustre Jean Jacques Sédillot, che per<br />

nostra fortuna tradusse pazientemente il manoscritto<br />

n° 1148 della Biblioteca Nazionale di Parigi,<br />

che è l'originale scritto dall'astronomo arabo Aboul<br />

Hhassan Alì al-Marrakushi. Questo trattato è<br />

molto importante per la storia degli strumenti scientifici<br />

che furono costruiti durante il basso<br />

medioevo. Riteniamo, oltretutto, che quest'opera<br />

sia stata poco divulgata e per questo poco conosciuta,<br />

se non ad un piccolo grappolo di addetti ai<br />

lavori.<br />

Sédillot, in effetti, traduce e commenta quanto<br />

scrisse Hhassan al-Marrakushi su innumerevoli<br />

strumenti per l'osservazione astronomica e per la<br />

misurazione del tempo. Tant'è vero che il manoscritto<br />

1147 della stessa Biblioteca Nazionale di<br />

<strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong> Il Libro degli Astrolabi<br />

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