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IL LIBRO DEGLI ASTROLABI - Nicola Severino

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21Il periodo Universitario<br />

Nell'anno Mille, in definitiva, manca un'adeguato<br />

monumento letterario sul quale improntare un<br />

successivo studio sull'argomento. E la causa di ciò<br />

va ricercata nell'impossibilità in cui si trovavano i<br />

primi autori cristiani di assimilare completamente<br />

la scienza araba, e quindi l'arte dell'astrolabio a<br />

partire dalle pochissime, mediocri, traduzioni<br />

arabo-latine che vennero eseguite in quel periodo.<br />

Per ridare vita all'impulso iniziale era necessario<br />

riconsiderare il problema dalle sue radici, appunto<br />

le radici della scienza araba. Da qui nasce la seconda<br />

fase delle traduzioni delle opere degli arabi<br />

nella lingua latina, che può farsi iniziare verso il<br />

secondo quarto del XII secolo, e che sarà l'elemento<br />

determinante e decisivo che permetterà<br />

l'adozione definitiva e vantaggiosa della teoria<br />

dell'astrolabio e lo sviluppo dell'astronomia<br />

nell'Occidente.<br />

Probabilmente la traduzione di Ermanno il<br />

Dalmata (da non confondere con Ermanno<br />

Contratto) del Planisfero di Tolomeo, è decisiva nell'acquisizione<br />

generale della teoria della<br />

proiezione stereografica e della sua relativa corretta<br />

applicazione nella costruzione dell'astrolabio.<br />

Ricordiamo il grande lavoro di Giovanni di<br />

Siviglia, che traduceva Maslama; Rodolfo di<br />

Bruges che traduceva un trattato sulla costruzione<br />

dell'astrolabio di Messahalla, uno dei più importanti;<br />

le traduzioni di Platone da Tivoli dei trattati<br />

sull'uso dell'astrolabio d'Ibn al-Saffar, latinizzato<br />

in Abulcasim. Tutto ciò costituì la nuova piattaforma<br />

di lancio per la scienza dell'astrolabio.<br />

Inoltre, parallelamente ai lavori di questi traduttori,<br />

molti altri autori si sforzarono di scrivere<br />

materiale nuovo, originale, sull'astrolabio: questi<br />

sono Adelardo di Bath, intorno al 1142-1146, sulla<br />

costruzione; Raimondo di Marsiglia, verso il 1141,<br />

sulla composizione e l'uso; Roberto di Chester, nel<br />

1147, sull'uso; un certo Arialdus, sulla composizione<br />

ed uso; Abraham ibn Ezra, verso il 1158-<br />

1161, sull'uso ed altri ancora (si veda la bibliografia<br />

alla fine di questo volume).<br />

La maggior parte di questi testi sono ancora inedi-<br />

ti, e l'impressione che si ricava da essi e dai manoscritti<br />

del XII e XIII secolo è certamente quella di<br />

avere a disposizione libri in cui la teoria e la pratica<br />

dell'astrolabio è definitivamente esplorata.<br />

Inoltre, la terminologia adottata non presenta quel<br />

carattere di abusivismo letterario che con timidezza<br />

veniva riportato negli antichi manoscritti.<br />

Ormai il latino risuonava di termini arabi adottati<br />

e insostituibili: ...et sequitur alhancabuth cujus interpretatio<br />

est aranea... si legge nella traduzione di<br />

Maslama, oppure: ...post hec et sequitur alhancabuth<br />

id est aranea, da Messahalla, e ancora: ...quoddam<br />

superfluum extra circulum capricorni quod almuri arabice,<br />

latine index appelatur, da Arialdus, a proposito<br />

dell'indice che marca sull'"aranea" l'inizio del<br />

Capricorno.<br />

In questi testi, quindi, si riscontra un'esposizione<br />

scientifica migliore, più logica e molto più chiara.<br />

E' interessante, a questo proposito, mettere a confronto<br />

due pezzi sullo stesso argomento dai manoscritti<br />

di Lupitus e Arialdus 14 . Il pezzo relativo al<br />

testo di Lupitus è sulla trasformazione delle ore<br />

ineguali in ore eguali, mentre per Arialdus è<br />

trovare i numeri dei gradi di una ora ineguale. Il<br />

procedimento in entrambi i casi è lo stesso:<br />

LUPITUS. - Quomodo horas tortas facias<br />

rectas. Quando queris tornare horas tortas ad<br />

horas rectas per astrolapsum, accipe quot<br />

queris et in ultima linea horarum quas accepisti<br />

pone nadair solis, et vide ubi stat almeri, et<br />

pone ibi signum; postea circumvolve ipsum<br />

nadair solis ab ultima usque ad primum<br />

almucantarat prime hore et vide ubi stat almeri<br />

et pone ibi signum, et ipsos ordines quos ambulat<br />

almeri partire per ordinem rectarum<br />

horarum, id est per XV, et videbis quot inde<br />

colligis horas recta.<br />

ARIALDUS. - Si vis scire quot gradus habeat<br />

unaqueque hora diei, pone nadir solis super<br />

principum qualiscumque hore et nota gradum<br />

in limbo in cujus directo fuerit almuri; volvesque<br />

rethe nadir donec ad finem ejusdem<br />

hore pervenerit, et quot gradus sive partes<br />

graduum almuri pertransierit tot gradus vel<br />

partes gradum sunt illius hore. Partes vero<br />

horarum noctis cum gradu solis eodem posito<br />

et volvendo circumducto notatisque gradibus<br />

quos almuri pertransierit simili modo reperis.<br />

14 J.-M. Millas-Vallicrosa, Assaig..., p. 285 - Manoscritto latino N. 16652, fol. 36, della Biblioteca Nazionale di Parigi.<br />

<strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong> Il Libro degli Astrolabi<br />

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