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Il raccolto - Sardegna Cultura

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«Non hai paura di me, non è vero?» lui chiese, sondando.<br />

Rituffata la faccia nel petto di lui scosse il capo, in segno<br />

di diniego. Paura? No, perché mai? Poi di nuovo si staccò,<br />

l’osservò, sorrideva. La pezzuola da testa le era ricaduta dietro<br />

la nuca, nel volo che aveva fatto; le forti nere trecce s’erano<br />

in parte slegate. Era fresca e monda, una luna, un’anguria<br />

d’inverno.<br />

«Tieniti ferma, aspetta» disse lui, e balzò da cavallo. Poi,<br />

tendendole le braccia perché smontasse a sua volta, l’invitava:<br />

«Vieni».<br />

Allora lei si accorse ch’erano in mezzo alla macchia.<br />

«Ma non dovevi portarmi a Serri?» domandò. «Un pezzo<br />

di strada, lo avevi promesso». Ancora gli dava del tu, ancora<br />

senz’accorgersene.<br />

«Dopo» egli disse «dopo» continuando a sollecitarla col<br />

gesto delle braccia tese.<br />

«Dopo cosa?» lei chiese, lasciandosi tuttavia scivolare<br />

giù dall’arcione.<br />

Egli l’accolse e la strinse e la sollevò. La portava come un<br />

fascio di spighe quando ammucchiano i contadini i covoni<br />

per fare le biche. E così l’adagiò, come un fascio di spighe.<br />

Ma successe una cosa strana, l’ultima alla quale egli<br />

avrebbe potuto pensare. Per quanto lui, messi in azione i circuiti,<br />

avesse ben chiaro il fine, e a quello mirasse, e la sferza<br />

lo frustasse implacabile non fu, quel giorno, nulla. Lei lo sopraffece<br />

e lo vinse, non già lottando, sì invece disarmandolo<br />

con una strepitosa rappresentazione di candore e d’amore.<br />

Fin da principio, ritrovatasi distesa supina sull’erba, e lui, accanto<br />

a lei, tuttora ginocchioni nell’atto che l’aveva così adagiata,<br />

lei lo attirava, lei stessa, su di sé, palesemente per nulla<br />

conscia di quello che potesse agitarsi in lui e solo perché portasse,<br />

lui, più vicino al suo il proprio viso, e così carezzarlo<br />

con dolcezza snervante, intanto che gli diceva, chissà donde<br />

apprese, parole appassionate (quelle, forse, che prodigava su<br />

Momo?): “Fiore d’oro, passerotto, pulcinetto, cuore di Pasqua,<br />

grande balcone d’oro”, e intanto che gli passava le mani<br />

sul viso, tutta un’esplorazione tattile trepida, come volessero,<br />

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esse, le mani, riconoscerne i tratti e imprimersene la memoria,<br />

o ricrearlo, foggiarlo, o prenderne possesso, non so.<br />

Ma di colpo, sorpresa, si traeva a sedere e negli occhi<br />

sgranati le si leggeva, senz’ombra di infingimento, un fanciullesco<br />

effettivo stupore:<br />

«Oh!» diceva «Oh!» e si copriva con le mani la bocca.<br />

«Eh? Che c’è?» lui chiedeva, con una punta di allarme,<br />

ammaestrato dalla paura di prima. «Cos’è successo?».<br />

«Ma io vi ho dato del tu, Fieli Pòrcina, oh!».<br />

Se n’era accorta, finalmente. E le pareva una cosa enorme,<br />

tanto che non comprese quando lui, stupito a sua volta,<br />

le chiese:<br />

«Ebbene?».<br />

«Perdonatemi» disse.<br />

«Ma sono stato io stesso,» lui disse «non ti ricordi, a<br />

chiederti di darmi del tu. Quel giorno alla sorgente, non ti<br />

ricordi?».<br />

«È vero, sì, già, quella volta…» rispose.<br />

«Dunque puoi farlo. Su, provati, dammi del tu».<br />

Canticchiò le parole di uno stornello. <strong>Il</strong> messaggio che<br />

manda l’innamorata all’innamorato: «Io sono io quando ti<br />

vedo e quando non ti vedo non sono più io. La mia anima è<br />

malata e la sua medicina sei tu». S’interruppe per chiedergli<br />

con una smorfia infantile: «Così?». Poi compitò, sempre in<br />

dialetto: «Tu, sei, l’amore, mio» nella qual frase (che è anche<br />

un verso di chissà quante canzoni) poteva vedersi come la<br />

parola amore, quanto più la lingua recalcitra a accettarla,<br />

tanto più splende e fa spicco. E finalmente sfavillandole gli<br />

occhi di divertita malizia, ricordandosi delle parole di lui<br />

dopo la scena del ballo, gli fece il verso, portando l’indice<br />

alternativamente sul proprio petto e su quello di lui: «Io di<br />

te, io ti!» pigolava e rideva.<br />

E rise anche lui, afferratone il senso, tanto la caricatura<br />

era fatta con grazia e comicamente.<br />

«Ah così» disse. «Ora mi prendi anche in giro?».<br />

Lei scosse il capo, no. Si fece seria.<br />

«Ascoltatemi» disse dopo una pausa di riflessione. «Io bisogna<br />

che ve lo dica, non m’importa come mi giudicherete,<br />

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